«Sequestro illegittimo»

da Milano

Con motivazioni destinate «a fare scuola», la Cassazione ieri ha argomentato la pronuncia di marzo con la quale ha disposto il ricalcolo del maxisequestro stabilito un anno fa dal Tribunale di Napoli a danno di società del gruppo Impregilo. La vicenda si collega allo scandalo rifiuti in Campania, dove il gruppo fino al 2005 - quindi in tempi di azionariato differente da oggi - aveva avuto incarichi sia di smaltimento sia di costruzione del termovalorizzatore di Acerra. Dodici mesi fa - per la precisione il 26 giugno 2007 - i giudici di Napoli avevano disposto un sequestro preventivo di 750 milioni a carico del gruppo Impregilo, che si era visto congelare conti correnti e crediti, subendo così gravi contraccolpi sulla gestione della propria attività.
Ora - a un anno di distanza - la Cassazione spiega: quel sequestro era illegittimo e basato su un errore di diritto. I giudici infatti avevano equiparato i profitti (eventualmente sequestrabili), ai ricavi (che non sono profitti). In base a tale principio, la vicenda è stata rinviata al tribunale del riesame che dovrà, sulla base del dettato della Suprema corte, ricalcolare il sequestro. Il calcolo andrà rifatto completamente; la cifra effettivamente incassata dal gruppo è di 301 milioni, e questa va a sua volta decurtata dell’Iva (che, com’è intuibile, non è sequestrabile) e dell’effettiva «utilità» per il committente. Tale utilità va considerata anche alla luce del fatto che, dopo la risoluzione del contratto alla fine del 2005, l’attività svolta per il commissario continuò ad avere le stesse caratteristiche di quella precedente.


L’interrogativo su come si fosse arrivati a quantificare in 750 milioni il sequestro preventivo a danno di Impregilo non trova risposta; gli avvocati del gruppo, anzi, alla luce delle motivazioni appena depositate, ironizzano: «Non l’ha capito nemmeno la Cassazione». In Borsa il titolo, dopo uno strappo iniziale, ha chiuso la seduta con un modesto più 0,3%.

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