Serena, la sacerdotessa della sinistra «simpatica»

Ascoltate questa. Nell’intervistare Michele Serra, eletto «nostra coscienza critica» grazie a una rubrichetta, Serena Dandini se l’è fieramente presa con «una certa sinistra simpatica e trendy, che legge il Foglio e il Riformista, guarda L’isola dei famosi, vede il film con Cameron Diaz e poi dice: Benigni che palle!». Ma non era lei, Serena, la sacerdotessa unica della succitata sinistra «simpatica»? Lei che ride sempre, atteggiandosi a complice intellettuale, sia quando intervista Richard Gere sul Tibet sia quando si genuflette di fronte a Sandro Veronesi o Vincenzo Cerami. Lei che al suo Ambra Jovinelli ospita i comici yé-yé e le convention per Santoro. Lei che, in quanto esponente dell’ulivismo giocherellone e brillante, del tipo «Hai letto ieri su Repubblica?», ispira modelli di comportamento largamente imitati.
Sarà pure spiritosa, sapida, sdrammatizzante, leggera, soprattutto ironica, oltre che abile promotrice di se stessa e tessitrice di utili alleanze. E però ogni tanto stecca: come la volta che, intervistata da Sabelli Fioretti, definì Mughini, con scivolata alla Fede, «Quello che fa l’ospite a Controcampo, come si chiama?»; o imitò stancamente Veltroni ascrivendo il massimo grado di volgarità a Vespa che «mischia la bonona da calendario con l’esperto di guerra in Irak».

Serena non leggerà Ferrara e Polito e rispetterà il «dogma-Benigni», però quando teorizza «la noia incombe, ripetersi è uno strazio» magari dovrebbe guardarsi allo specchio. «Take a look at yourself» dicono gli anglosassoni.

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