Serie A, miracolo delle provinciali

Dopo due giornate il Chievo è in testa a punteggio pieno. Da anni i veronesi dimostrano che si può far bene, senza debiti. Juve-Sampdoria, un pari da cabaret. L'Inter di Benitez sembra quella di Mou. Nel posticipo Napoli-Bari 2-2

Serie A, miracolo delle provinciali

Lo sappiamo tutti che è solo un’irripetibile coincidenza, ma come tutte le coincidenze irripetibili risulta fantastica: il Chievo si piazza in testa al campionato e guida la trionfale rivolta dei lillipuziani. Soltanto l’Inter si salva da questa implacabile vendetta, ma anch’essa a fatica. Le altre gigantesse della serie A sono tutte stese: perde la Roma a Cagliari, perde il Milan a Cesena, perde la Fiorentina a Lecce, perde il Palermo a Brescia. Quanto al Chievo, s’incarica di riportare subito il Genoa, ultimo entrato nel rotary degli spendaccioni, alla dura realtà delle sue antiche origini.
Una nuova età del terrore, stile rivoluzione francese, attanaglia ormai i nobili del nostro calcio. Rotolano teste aristocratiche e non c’è verso di salvarsi da nessuna parte. Il passaggio è brusco e traumatico: nel giro di pochi giorni, l’Italia salta dal calcio gigantista e parolaio del mercato estivo al calcio minimalista e feroce delle partite giocate. Da Milano a Roma, da Firenze a Genova, giù fino a Palermo, la metropoli danarosa prende schiaffi dalla provincia laboriosa. Diciamolo: è una lettura sfacciatamente retorica, spudoratamente demagogica, ma resta pur sempre un messaggio. Perché è risaputo che i soldi non sono tutto nella vita, ma è anche piacevole ogni tanto dimostrarlo. Poi da domenica prossima la bella favola sbollirà come un’indimenticabile primavera di Praga, il più forte tornerà al proprio posto e il più debole dovrà rimettersi con la lingua di fuori, comunque non importa: ci sono momenti che non si misurano in durata, ma solo in intensità.
Consiglio per l’uso, allora: conviene celebrare e festeggiare questo tsunami pauperista senza andare troppo oltre. Prendiamolo per quello che è, evitando di aggiungere subito i significati ipocriti del caso, tipo non serve spendere, bisogna correre, nelle grandi solo vizi e nelle piccole solo virtù. Uscendo dal facile terzomondismo, resta negli annali e nella memoria un bellissimo colpo di follia dentro al regno ingessato dei grandi investimenti e dei mega-fatturati. Che il Cesena batta il Milan è già un evento pazzo sul semplice versante tecnico. Ma diventa pazzissimo e simbolicissimo se lo si legge tenendo sottomano il recente resoconto della Gazzetta sui bilanci della serie A: Cesena batte Milan è anche, forse soprattutto, squadra che paga meno stipendi batte squadra che paga di più (per gli amanti del genere: 8,3 milioni contro 130, premi esclusi). Questo non significa però che il Cesena vincerà lo scudetto e il Milan retrocederà: a fine campionato, la differenza di peso economico imporrà le sue gerarchie. Ma è un fatto che il destino di nessuna partita sia mai scritto nei numeri. Almeno questo. Da anni, il Chievo oggi capolista fornisce la dimostrazione scientifica che vincere, divertire, divertirsi senza accumulare manovrine di debiti è umanamente possibile. L’ha dimostrato persino retrocedendo in B, pochi anni fa: assorbita la botta, si è subito rimesso al lavoro ed è tornato ad esercitare la mission aziendale di «bella favola» del campionato. Così è forte la lezione del Cagliari, così quella delle tre neopromosse dalla B, Cesena-Lecce-Brescia, casualmente tutte pronte a suonare brutalmente le grandi società delle grandi città.
Io però mi fermerei qui. Non andrei troppo in là con le conclusioni cosmiche. Sappiamo benissimo che non sarà sempre così. Capiterà certamente ancora che il Chievo o il Cesena battano una grande, perché questo è pur sempre il «campionato più difficile del mondo», dove tutti possono perdere ovunque, ma che tutte le piccole battano contemporaneamente tutte le grandi risulterà altamente improbabile. Le coincidenze irripetibili non si ripetono. Per un week-end abbiamo viaggiato ai confini della realtà. O forse eravamo solo su Scherzi a parte.

Il ritorno alla normalità è scontato, ad ogni rivolta è sempre seguita una restaurazione. Ma vivere certe giornate resta comunque indimenticabile per tutti. Per i deboli, che hanno assaporato l’inimitabile aroma del riscatto. E soprattutto per i potenti, che forse hanno imparato a non dormire sugli ori.

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