Serravalle, Gavio avrebbe venduto alla metà

La volontà di chiudere l’operazione è emersa dai tabulati delle conversazioni intercettate dalla Guardia di finanza

Serravalle, Gavio avrebbe venduto alla metà

Stefano Zurlo

da Milano

«Vendo tutto a 4 euro. Così portiamo a casa dei bei soldi». Marcellino Gavio, l’imprenditore di Tortona, sogna un buon affare: vendere le sue azioni della Serravalle a 4 euro per azione. Non sa che alla fine sbancherà la Provincia e porterà a casa 8,83 euro per azione. Più del doppio della ottimistica previsione. È la fine di giugno del 2004. La Milano politica è appena stata terremotata: Ombretta Colli ha perso, la Provincia finisce nelle mani del centrosinistra guidato da Filippo Penati. Marcellino Gavio e il suo braccio destro Bruno Binasco studiano il da farsi: in gioco gli assetti della Serravalle, la cassaforte di Palazzo Isimbardi. Gavio e Binasco non sanno che i loro telefoni sono intercettati dai militari della Guardia di finanza. C’è un’inchiesta, destinata a finire con una serie di archiviazioni, che documenta però la metamorfosi nella mappa del potere. Binasco ha le idee chiare: «Bisogna far muovere Roma in maniera pesante». A chi si riferisce il manager? Alle tradizionali amicizie democristiane? O ai nuovi partner diessini con cui sembra svilupparsi un buon feeling? Gavio è più riflessivo, anche in quelle frenetiche ore in cui si stanno definendo equilibri diversi: «Io sto facendo un pensierino al... sottovoce, vender tutto per 4 euro!».
È il 28 giugno: le intercettazioni, oggi disponibili, ci consegnano in una frase il copione che Gavio realizzerà un anno dopo, a luglio 2005, quando cederà il suo pacchetto, pari al 15 per cento del capitale della Serravalle, proprio a Penati. Solo che, dettaglio, incasserà quasi 9 euro ad azione. Tanto, tantissimo, ben oltre la cifra che nel dialogo con il fidato Binasco gli sembrava già un exploit.
I fatti incontestabili, ricostruiti dal sindaco Gabriele Albertini in un’intervista al Giornale, sono questi: Gavio compra quelle quote nell’estate del 2003, sborsando 2,9 euro ad azione. In estate la giunta Colli cade e lui si trasforma in re Mida. Tratta con i Ds, poi spunta un prezzo favoloso e porta a casa una plusvalenza di 176 milioni di euro. Perché Penati si è svenato? Com’è possibile che si sia passati da 2,9 a 8,83 euro in due anni?
Penati va avanti per la sua strada e in un’intervista a Repubblica risponde per le rime: «Abbiamo fatto un affare non buono, ma ottimo. Il prezzo lo ha stabilito l’advisor, ed è comprensivo del 30 per cento del premio di maggioranza».
Sarà, ma Gavio, in quel dialogo con il suo braccio destro, sembra già fregarsi le mani all’idea di incassare 4 euro ad azione. «Vabbè, è una valutazione», gli risponde perplesso Binasco che sta sondando gli umori della sinistra ed è alla ricerca di una sponda. «Sicuramente - insiste Gavio - portiamo a casa dei bei soldi». Non può immaginare che quei soldi si moltiplicheranno fino a diventare una montagna. «Bisogna avere, bisogna avere anche la forza di...», aggiunge Binasco che sta tessendo con pazienza la sua tela. Gavio però è più spiccio e ha già dato il suo giudizio: «E non facciamo del sangue cattivo che questi ci fan diventare matti».
In realtà, il dialogo con i Ds va avanti: l’interlocutore di Gavio è Pierluigi Bersani, ex ministro dei Trasporti e oggi eurodeputato. Poi entra in scena Penati che chiama per la prima volta Gavio il 5 luglio ed esordisce così: «Mi ha dato il suo numero l’onorevole Bersani». I due s’incontrano, come ha raccontato lo stesso Penati a Repubblica, il 15 luglio a Roma. In un albergo. Poi, secondo il presidente della Provincia, Gavio comincia a fargli la guerra.
Certo è una guerra strana da cui Gavio esce con un bottino ingente. Tanto che Albertini presenta un esposto alla Corte dei conti denunciando Penati per spreco di denaro pubblico.
Binasco e Gavio conversano fitto e citano in ordine sparso alcuni personaggi: Ferruccio Piantini, consigliere di una società del gruppo Gavio; poi Livio Tamberi, Margherita, ex presidente della Provincia: lui, grossomodo nel 2000, voleva «privatizzare», ovvero cedere le quote di Palazzo Isimbardi al socio privato Gavio. Ma non se ne fece nulla perché perse le elezioni e arrivò la Colli. Preistoria. «Ancora oggi è il segretario provinciale dei Ds», dice Binasco virando verso il presente e riferendosi con ogni probabilità a Penati.
Occorre orientarsi nella nomenklatura che ha appena occupato alcune poltrone pesanti. Gavio preferisce monetizzare.

In un altro dialogo, sempre il 28 giugno, Binasco afferma: «Bisogna far muovere Roma in maniera pesante». A quanto pare non ce n’è bisogno. Il 15 luglio Gavio incontra Penati. Poi gli venderà il suo 15 per cento. Provocando l’ira di Albertini.

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