Cè sempre una storia di sesso nel destino di Hillary Clinton e sempre una storia di guerra in quello di John McCain. A New York esplode lo scandalo del governatore democratico Eliot Spitzer, il moralizzatore beccato con una squillo di lusso; a Bagdad esplodono di nuovo le bombe, mandando in frantumi limmagine di un Paese che dopo cinque anni di guerra sembrava avviato alla pacificazione. In mezzo loro, Hillary e John, vittime involontarie di vicende che non hanno provocato e che non possono certo controllare, ma che arrecano a entrambi danni dimmagine.
E in unAmerica eccitata, confusa, improvvisamente di nuovo moralista, anche questo conta, soprattutto per lex first lady, che ieri, secondo i sondaggi, ha dovuto incassare una nuova sconfitta nelle primarie. Il Mississippi si è recato alle urne per attribuire 33 delegati e sette superdelegati, concedendo secondo i sondaggi a Barack Obama unaltra ampia vittoria, pare con 24 punti di margine.
Ma di Mississippi in queste ore si parla poco. Molto invece di Eliot Spitzer, il Torquemada della Grande Mela, che, come tutti i moralisti, è finito male. Lui che si batteva contro la corruzione di Wall Street e che aveva appena dichiarato guerra alla prostituzione, pagava fino a 5mila dollari per incontrare una brunetta tutto pepe; una professionista del sesso. Spitzer sembra condannato alle dimissioni da governatore, anche perché lopposizione repubblicana lo ha minacciato di impeachment. E lo scandalo dilaga, lambendo Hillary.
Già, perché Spitzer era non solo uno dei suoi più grandi sostenitori, ma uno dei simboli del rinnovamento etico da lei proposto. Era lui che guidava la crociata dei superdelegati schierati con la Clinton; insomma, era una sorta di sigillo di garanzia. E ora lex first lady, si trova in doppio imbarazzo; deve distanziarsi, sperando che il clamore della scappatella non ravvivi il ricordo di quelle di suo marito Bill con Monica Lewinski e prima ancora con Gennifer Flowers e con tante altre amanti occasionali. Una missione impossibile, vista la reazione dei media americani e quei tanti titoli su «Eliot, il sostenitore di Hillary», il sarcasmo dei conduttori televisivi, le battute sui blog. Dove cè Clinton, cè sesso. Sì, Hillary ha un problema in più in vista del voto in Pennsylvania, il 22 aprile (158 delegati in palio) e molto probabilmente in Florida e New Hampshire, dove si tornerà alle urne.
John McCain invece è sicuro di ottenere la nomination repubblicana; ma deve preservare la propria credibilità. In unAmerica che invoca il ritiro dallIrak, lui continua ad andare controcorrente. «La guerra contro Saddam era giusta», ripete da tempo. Ma ieri sono tornate le bombe, tante e simultanee: a Nassirya, a sud e a nord di Bagdad. Il bilancio è pesantissimo: 42 morti, tra cui 14 membri di una famiglia, il cui bus è stato colpito da un ordigno lanciato contro una pattuglia statunitense; decine di feriti. Si riaffaccia lincubo di una nuova stagione di sangue. Se così fosse lIrak diverrebbe uno dei temi forti della campagna. Proprio quel McCain vorrebbe evitare. Ma non cè solo lIrak.
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