Tra seta e oro il Giappone dei paraventi

Tra seta e oro  il Giappone  dei paraventi

Donatella Bono

«Byobu - L’arte dei paraventi e degli arredi giapponesi» è una mostra raffinata con una selezione ricercatissima di opere, quaranta per l’esattezza, esposte per la prima volta in Italia alla «Mazzoleni Arte», via Morone 6, fino all’11 dicembre. Un’occasione nata dalla collaborazione di tre gallerie storiche di Londra e Milano: la stessa «Mazzoleni Arte», la «Old English Forniture» e la «Gregg Baker Asian art», del collezionista Gregg Baker, massimo esperto nel settore.
Le tre gallerie sono riuscite a portare a termine questa complicata operazione a tre mani, per offrire al pubblico italiano una panoramica dell’arte giapponese che tanto affascinò Art Déco e Liberty nel secolo scorso. I «byobu» in mostra appartengono per lo più al periodo Edo (1615-1868), e sono decorati in foglia d’oro con animali, fiori, alberi su forme quadrangolari o rettangolari; altri sono invece del periodo Meiji-Taisho e Taisho-Showa, cioè del XX secolo, con decorazioni di farfalle, e tralci verdi su sfondi bianchi. Cuore dell’esposizione sono senz’altro due paraventi del XVII secolo, rilevanti dal punto di vista storico in quanto legati allo Shogunato Tokukawa, primo governo militare del Giappone all’inizio del secolo.
I Byobu sono strutture pieghevoli composte da più ante o pannelli in seta o carta, sorrette da una intelaiatura di legno molto leggera. Li troviamo già nel VII secolo, usati per dividere gli spazi interni delle case; le dimensioni variavano da uno, due metri d’altezza fino a cinque in larghezza. Nei secoli la loro funzione mutò considerevolmente, e da semplici arredi divennero oggetti d’arte e dopo le raffigurazioni legate al buddismo dell’epoca Nara (645-794), si imposero altre decorazioni: fiori, uccelli, paesaggi innevati, lo scorrere delle stagioni, fiumi, rocce, isole.

Raggiunsero il massimo splendore tra il 1568 e il 1600, quando vennero rivestiti di polvere d’oro o lamina di metallo, e dipinti con colori brillanti.

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