Settanta grandi opere per far ripartire l’Italia

Già a buon punto il Mose, la Messina-Palermo, il passante di Mestre, la Salerno-Reggio Calabria e la linea Tav Novara-Milano

Settanta grandi opere per far ripartire l’Italia

Punto di forza del programma della Cdl nel 2001 - ma già fino da allora fu chiarito che la sua realizzazione avrebbe preso ben più di una legislatura poiché si doveva rimediare al blocco delle infrastrutture che durava da vent’anni - rappresenta forse la riforma strutturale più importante per il sistema-Italia. I ritardi su questo terreno ci hanno fatto perdere posizioni e investimenti esteri, specie nel Mezzogiorno. Senza infrastrutture moderne e funzionali non c’è sviluppo, ma emarginazione nel mercato globale.
P «La Legge Obiettivo per la realizzazione delle grandi opere, sulle quali si sono concentrate le risorse pubbliche, si è rivelata un fallimento. Si è inoltre abbandonata ogni corretta forma di programmazione delle opere coerente con il “Piano generale dei trasporti e logistica” e di relazione con gli enti locali”» (Programma dell’Unione, pagina 136).
Convinto che il progresso del Paese passi attraverso un piano di lungo periodo per il miglioramento della rete delle infrastrutture, il governo di centrodestra ha cominciato subito la sua azione per la messa in cantiere delle Grandi Opere.
Già nel 2001 il governo Berlusconi approvò un piano decennale di Grandi Opere: 125 nuove infrastrutture per un valore complessivo del programma 125,8 miliardi di euro. Numeri straordinari, soprattutto se rapportati a quanto stanziato nel quinquennio precedente. I tre governi di centrosinistra (Prodi, D’Alema e Amato), infatti, non sono andati oltre i 12 miliardi di euro di progetti. A conti fatti, il governo Berlusconi ha fatto dieci volte di più di tutti e tre i governi di centrosinistra messi insieme.
Dal 21 dicembre del 2001, giorno in cui fu varata la Legge Obiettivo, il governo ha affidato o «cantierato» progetti per 51 miliardi di euro, pari al 40,5% del totale delle risorse stanziate. Centrato in pieno, quindi, quanto previsto dal Contratto con gli italiani. Al quinto punto, infatti, il Contratto prevedeva «l’apertura dei cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti dal Piano decennale per le Grandi Opere».
P «Sfatiamo il mito delle Grandi opere del centrodestra. La verità è che negli anni del centrodestra la legge obiettivo è stata un fallimento. Hanno elencato 125 opere di interesse strategico, ne hanno finanziate non più di una quindicina e si sono aperti i cantieri di tre o quattro. Lo stato di avanzamento dei lavori riguarda l’1,5% dell’investimento globale. Quasi tutto quello che Berlusconi inaugura sono progetti e finanziamenti dei governi di centrosinistra» (Piero Fassino, intervista a La Repubblica, 14 febbraio 2006).
Per rispondere alle accuse di Fassino basta dare un’occhiata ai numeri. Stando ai dati del dicembre 2005, il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha approvato la realizzazione di opere per 71 miliardi di euro. In quattro anni di governo, sono stati aperti oltre 70 cantieri per opere essenziali al futuro del nostro Paese. Sono stati creati così circa mezzo milione di nuovi posti di lavoro che hanno rappresentato ma crescita complessiva del Pil pari all’1,6%.
P «Proponiamo di modificare profondamente la Legge Obiettivo, per rafforzare il ruolo degli enti territoriali, per rendere generalizzato e inderogabile il ricorso alla valutazione di impatto ambientale, per potenziare le capacità di controllo, monitoraggio e di vigilanza complessiva sul ruolo e sull’operato dell’istituto del General contractor, cioè della figura introdotta dalla Legge Obiettivo come esecutore generale dell’opera» (Programma dell’Unione, pagina 136).
Con questa affermazione programmatica, l’Unione accusa il centrodestra di avere trascurato il dialogo con gli Enti locali (accusa ribadita nei giorni delle manifestazioni in Val di Susa contro la Tav). In realtà la Legge Obiettivo prevede un ruolo più importante per gli enti territoriali interessati che vengono coinvolti di più anche nella fase di progettazione. Per ogni Grande Opera, infatti, viene formata una conferenza dei servizi nella quale sono esposte le esigenze di ciascuna parte. La sinistra, però, nega la realtà e non riconosce il maggiore peso delle amministrazioni locali grazie alla Legge Obiettivo.
P «La legge Obiettivo elude le norme europee, permette lo sperpero di soldi pubblici in studi di fattibilità di infrastrutture faraoniche prive di ogni analisi economica costi/benefici» (Dal sito della delegazione europea di Rifondazione comunista www.prc-europarlamento.org).
È un tipico rovesciamento della realtà. I buoni risultati della Legge Obiettivo non sono sfuggiti all’Ue che ne ha “copiato” il metodo. Nel 2003, durante il semestre italiano di presidenza dell'Unione, il premier Berlusconi ha proposto ed ottenuto la stesura di un «Master Plan europeo delle infrastrutture e dei trasporti». Il risultato è che nel Master Plan europeo sono compresi cinque grandi progetti che costituiscono la griglia di base del futuro sistema delle infrastrutture in Italia, garantendone di fatto la realizzazione. Tra questi, il Corridoio 5, che comprende Mose e Tav i cui lavori sono stati bloccati dai no global. Nonostante ciò i cantieri vanno avanti e lo scorso 10 febbraio è stata inaugurata la tratta ferroviaria Torino-Novara, dove gli Eurostar viaggiano a 300 Km all’ora. Quasi completata la Padova-Mestre (80%) mentre la Novara-Milano è ancora a un terzo (28%). Per quanto riguarda le autostrade, la Brebemi (Brescia-Bergamo-Milano) è ancora da affidare, il cantiere per il passante di Mestre è finalmente aperto e i lavori sono al 10%. Poi, Il Corridoio 1 che attraversa completamente il nostro Paese e prevede numerose e importanti infrastrutture: tra queste, il Ponte di Messina e il valico ferroviario del Brennero. Previste anche l’alta velocità sulla Bologna-Firenze e sullo stesso percorso l’attesa variante di valico autostradale. Quasi completata la realizzazione della terza corsia sul Gra di Roma (90%), mentre la Salerno-Reggio Calabria sarà completata nel 2009. A questi successi si aggiunge la Palermo-Messina, realizzata dal governo Berlusconi in pochi mesi dopo il blocco dei lavori che durava da oltre vent’anni.
P «La sola cosa fatta dal governo Berlusconi è il plastico del Ponte. E quel plastico è il simbolo del loro fallimento nel Sud. Non è stata realizzata nessuna delle grandi opere promesse e i soli cantieri aperti sono ancora quelli finanziati dai nostri governi» (Massimo D’Alema, intervista a Il Mattino, 17 febbraio 2005).
Ecco un altro esempio delle divisioni del centrosinistra che ne paralizzeranno l’eventuale governo. Ma c’è di più: il Ponte sullo Stretto era stato approvato dal governo ulivista di Prodi nel 1997 e poi confermato da quello D’Alema e dalle regioni Sicilia e Calabria (che all’epoca erano amministrate dalla sinistra). L’esecutivo Amato aveva ribadito l’essenzialità di quest'opera.
Eppure, nell’attuale programma dell’Unione il Ponte viene di fatto cestinato. La marcia indietro degli uomini della sinistra non è un caso. Il Ponte sullo Stretto è diventato un emblema del governo Berlusconi, simbolica incarnazione della logica del fare. Dopo anni di annunci dei governi passati e di continui rinvii, l’esecutivo Berlusconi ha finalmente dato il via ai lavori. Il 24 novembre del 2005, è stata affidata definitivamente a Impregilo la realizzazione della grandiosa opera: la società ha infatti vinto la gara d’appalto da 4 miliardi di euro. L’apertura del cantiere è prevista per la fine di quest’anno: se non ci saranno intoppi, le macchine potranno attraversarlo nel 2012.
P «Il Mose è un colossale spreco di denaro pubblico. Quest'opera faraonica e inutile nasce da un progetto obsoleto e produrrà più danni che benefici. Il governo sta devastando l'ambiente ed il territorio dell’Italia. È urgente una revisione del piano delle cosiddette grandi opere che serve solo a produrre annunci roboanti per nascondere il totale fallimento della destra. Le vere opere utili sono altre, non certo il Mose o il Ponte sullo Stretto. Con gli stessi soldi si potrebbero davvero migliorare le infrastrutture italiane e costruirne di utili, ma evidentemente il governo ha altre priorità che l’interesse collettivo e la tutela dell’ambiente» (Alfonso Pecoraro Scanio, www.pecoraroprimarie.it, il 28 settembre 2005).
Il Mose è un’opera fondamentale per la realizzazione del Corridoio 5. Ma, ancora una volta, l’opera è stata osteggiata dal centrosinistra. Da ultimo, anche la nuova giunta di centrosinistra di Venezia, guidata dal filosofo Massimo Cacciari, si è dichiarata contraria al Mose e sta cercando di bloccarne i lavori. Eppure, nonostante gli ostacoli, il governo Berlusconi ce l’ha fatta. «Il Mose è un’opera epocale, che sarà il simbolo di questo governo», ha dichiarato Berlusconi il 29 settembre del 2005 alla Nuova Venezia. E ha aggiunto: «Non si torna più indietro. L’opera è decisa, in parte finanziata e in stato avanzato di realizzazione. Costerà 4.300 milioni di euro. Ne sono già stati attivati 1.200, e 700 arriveranno dal Cipe. Una sicurezza per le imprese. Dopo 37 anni abbiamo varato quest’opera epocale, grazie all'attività del governo. E per il 2011 contiamo di vederla realizzata».
Conclusione
È facile fare qualche aiuola, disporre fioriere, organizzare feste in piazza con cantanti e artisti amici, gettare una colata di asfalto su piazze e strade già esistenti. Ma le Grandi Opere sono un’altra cosa e rendono meno in termini di consenso diffuso e immediato. Per questo la sinistra le ha lasciate perdere.

Ci voleva il coraggio del centrodestra, in temi economicamente difficili, per ridare al sistema-Italia le strutture di cui ha bisogno per riprendere a correre. Ben sapendo che la distanza dal completamento dell’opera avrebbe reso nullo il consenso: quello facile, quello emotivo, non quello razionale e profondo. La differenza è tutta qui.

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