Per noi con la faccia troppo spesso volta al mogio è stato un week end calcistico da cani.
Considerazioni a margine di Torino-Sampdoria 1-0.
La prima. Pienamente rispettata la ferrea tradizione blucerchiata: se c'è un avversario sull'orlo del baratro, immancabilmente la Sampdoria lo trae in salvo.
La seconda. Poiché con «esterni» di centrocampo come Maggio, Franceschini, Olivera e simili si rischia di intristire le punte designate (nella fattispecie Bonazzoli e Quagliarella) e insomma andare a ramengo, tanto vale che Novellino prenda il coraggio a due mani e tradisca il suo adorato «4-4-2» per adottare uno spericolato «4-3-3» col quale inseguire qualche vittoria in più e pazienza se a rischio di qualche sconfitta in più. Tanto, di pareggi si muore.
Dando per sperabile il recupero di Falcone (caviglia acciaccata), per scontato il rientro del riqualificato Flachi, e purtroppo per probabile la sconfitta con la Roma, mi permetto di indicare per domenica prossima una discreta formazione di partenza, competitiva almeno sulla carta.
In porta: Berti. In difesa: Zenoni, Sala, Falcone, Accardi. A centrocampo: Parola, Volpi, Palombo. All'attacco: Flachi, Bonazzoli, Quagliarella.
Ora decidi tu, caro Walter. Nella speranza che il cielo te la mandi buona.
La terza. Guai a loro se a gennaio non ti comprano un'ala tosta e un difensore centrale di spessore da affiancare a Falcone.
Considerazioni a margine di Genoa-Spezia 1-2.
La prima. Le vicende del campo stanno malauguratamente confermando che non era infondata la preoccupazione che espressi in inizio di campionato: se a gioco lungo il gradevole calcio-champagne di Gasperini risultasse eccessivamente dispendioso in rapporto ai risultati che produce (gol segnati e subiti) sarebbe un guaio. Contribuiscono purtroppo ad alimentare i timori per il Grifone i reiterati acciacchi muscolari di Greco, i gravi infortuni di Bega e Aurelio, il passo ulteriormente ridotto di Milanetto, il sensibile appannarsi della straordinaria lucidità atletico-agonistica di Criscito e Marco Rossi. Quanto ai 21 gol segnati in 12 partite, dicono di un'apprezzabile media-gara (1,75) di fatto ridimensionata, quanto a reti ottenute in proporzione al gran numero di occasioni-gol create, da ben 6 centri colti da Adailton su «palla inattiva», 2 su punizione dal limite e 4 dal dischetto. Il Genoa insomma fatica a metterla dentro su azione manovrata, cui è reiteratamente (e felicemente per l'occhio dello spettatore neutrale) «condannato» dal Verbo di Gasperini, mentre subisce francamente troppo (15 gol, media-gara 1,4) in ordine alle ambizioni di chi vorrebbe legittimamente conquistare la promozione diretta in coppia con la Juve.
La seconda. Per non correre il rischio di farsi beffardamente fregare da Napoli e Piacenza, se non pure da Rimini e Cesena, occorrerà reperire sul mercato di gennaio una torre da area di rigore che abbia autentica dimestichezza con il gol.
La terza. Onore allo Spezia di Santoni e Scarlato, Frara e Guidetti, Saverino e compagni sanguignamente e nondimeno sapientemente diretti da Soda. Uno Spezia dignitosamente proletario che dopo avere rischiato di subire tre o quattro gol nei primi 40 minuti di gioco ha messo a segno la sua limpida doppietta e ha meritatamente vinto il secondo derby ligure sui tre fin qui disputati nei due ultimi campionati (di serie C1 e B). Una matricola che sta gagliardamente prenotandosi un lusinghiero posto fisso in cadetteria.
La quarta.
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