Settimo, le vittime reclutate in piazzale Lotto

Stranieri, clandestini, irregolari nella vita e sul lavoro in un Paese ostile. E vittime del caporalato, degli uomini (italiani) che reclutano giornalmente squadre di operai - generalmente sottopagati e ipersfruttati ma mai messi in regola -, per svolgere questa o quella mansione. Almeno due tra i tre egiziani vittime del crollo di un ponteggio nel cantiere edile di via Don Giovanni Minzoni a Vighignolo, una frazione di Settimo Milanese (il terzo, rimasto gravemente ferito è ricoverato all’Humanitas di Rozzano, ndr) lavoravano infatti «in nero». Lo ha dichiarato, con gli occhi lucidi, Awat, cugino di una delle due vittime, il 27enne Mohammed e del ferito che ha 38 anni.
«Mi hanno chiamato per riconoscere il cadavere di mio cugino - raccontava ieri mattina Awat a chi gli chiedeva un commento sulla situazione lavorativa dei due ragazzi -. Mohamed era arrivato dall’Egitto per lavorare, ma era senza permesso di soggiorno. Lui e l’altro cugino, quello ferito, lavoravano in nero, ma non so con chi. Davvero, non so cosa dire: erano i miei cugini, ora uno è morto e uno in ospedale, cercate di capire quello che sto passando in queste ore. So solo che i miei cugini avevano trovato quel lavoro, quello che li ha fatti sprofondare in questo incubo, a piazzale Lotto dove, spesso, vengono offerti impieghi a manodopera di origine straniera. Anche oggi (ieri per chi legge, ndr) per trovare un lavoro, come tutte le mattine, sono andati in piazzale Lotto dove sono stati scelti e poi portati nel cantiere. Sapete com’è: oggi fai un ponteggio, domani fai qualcosa d’altro... Quello che capita facciamo» ha concluso Awat.
Del resto nel nostro Paese le forze dell’ordine stanno lavorando da tempo per contrastare quel fenomeno così radicato e sotterraneo che è il caporalato. Ogni mattina centinaia di stranieri si radunano nelle maggiori piazze della città alla ricerca di un lavoro: sono gli extracomunitari che vivono e lavorano clandestinamente a Milano. E che formano, in attesa di essere scelti per un lavoro, decine di capannelli da piazzale Lotto, via Lombroso, piazzale Corvetto, Maciachini e via Padova. La pratica del caporalato prevede che gli extracomunitari vengano reclutati prima dell’alba, caricati a bordo di un furgone e portati sul luogo di lavoro dove, senza imbragature lavorano anche più di 12 ore al giorno. Un fenomeno diffuso in città che permette di non regolarizzare contrattualmente gli operai e di sfruttarli per tre o quattro euro l’ora, di cui parte finisce nelle tasche del caporale. Come succedeva fino ai controlli di inizio marzo scorso all’ortomercato di via Lombroso dove 27 lavoratori clandestini, otto dei quali arrestati in base alla Legge sull’immigrazione, gli altri espulsi erano stati scoperti mentre lavoravano in nero tra le cassette del mercato.
Particolare scalpore aveva fatto la scoperta dei carabinieri della compagnia di Rho, che nei cantieri della Fiera di Rho-Pero i capisquadra (italiani) di una impresa edile avevano assunto operai (soprattutto stranieri), facendo firmare loro lettere di licenziamento in bianco per poterli poi far dimettere a piacimento e pretendendo soldi per non utilizzare quelle lettere. Tuttavia, in «un ambiente che faceva trasparire da parte degli operai un evidente stato di omertà», soltanto tre stranieri dei 300 operai transitati per il cantiere denunciarono i soprusi.

E le indagini si fermarono alla soglia dell’incriminazione di sei capisquadra per estorsione: la Procura non riuscì a individuare, e tantomeno a provare, la consapevolezza in capo ai titolari della ditta edile delle brusche modalità di «gestione del personale» praticate dai capisquadra.

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