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La sfida di Ibra: "Battiamo il Valencia, poi il Milan"

Il giocatore più in forma dell'Inter spiega il suo momento alla vigilia di una settimana decisiva: "A me piace quando un calciatore fa qualcosa di extra che nessuno si attende. Non sempre ci riesci, conta provarci"

La sfida di Ibra: "Battiamo il Valencia, poi il Milan"

Valencia - «Proud!», lo dice una, due, tre volte. E sempre gli occhi si illuminano, il sorriso si allarga. «Proud» ovvero orgoglioso, il sentimento che lo attraversa mentre parla dell’Inter, del suo modo di essere calciatore e giocatore dell’Inter, del piacere di stare a Milano. Ibra, come lo chiamano tutti, è un incantatore sul campo (Livorno ne è stato l’ultimo esempio), un personaggio vero, autentico non spigoloso, furbo ma lineare. Ama la boxe, sa chi era Ingemar Johansson, te ne parla e ti spiega che anche il suo calcio vuol essere noble art.
Ibrahimovic, il suo calcio è genialità o spettacolo?
«Grazie per il complimento, ma io gioco calcio come vorrei vederlo dalla tribuna. A me piace quando un calciatore fa la differenza, qualcosa di extra che nessuno si attende. Non sempre ci riesci. Ma conta provare».
Dice Moratti che certi gol li prova in allenamento...
«In allenamento ci provo, in partita vedo se riesco a mettere in pratica. Gli allenamenti servono anche a questo. Altre cose sono più automatiche, fai un dribbling e vedi come va».
All’inizio Ibra somigliava a Van Basten, ora è più Ibra...
«Il paragone vale sempre un complimento. Van Basten è leggenda. Uno dei più forti calciatori di tutti i tempi: aveva stile ed eleganza. Mi ha allenato all’Ajax: una persona fantastica, bravo, simpatico, uno come noi».
All’Inter c’era uno svedese un po’ matto: Nacka Skoglund. Le dice niente?
«Non l’ho mai visto, ne ho sentito parlare. Ecco, ho un’ambizione: quando finirò, vorrei che tutti mi ricordassero come un grande giocatore dell’Inter. E come Ibrahimovic».
Se questa settimana trascinasse la squadra, potrebbe cominciare il processo di beatificazione. Valencia o derby? Qual è peggio?
«Si possono vincere entrambe. A Valencia facciamo due gol, poi vediamo. Il derby è un’altra cosa: per tutte le squadre è la partita più importante dell’anno. La più bella da giocare per un calciatore. Anni fa lo vedevo in Tv, adesso gioco anch’io: come in un sogno».
Meglio di giorno o di notte?
«Preferisco giocare di giorno. Sei più reattivo, ti svegli e dopo poche ore vai in campo. È brutto attendere un giorno intero».
Lei è un tipo da derby?
«Mi piace l’atmosfera, la tensione, da adrenalina. Il derby è più di una partita, vale più dei tre punti: è il momento in cui si vede chi è chi». Detto testuale.
Però che smacco, se l’Inter uscisse dall’Europa...
«Tutti, giocatori, tifosi, dirigenti, devono essere orgogliosi di questa squadra. Abbiamo fatto tre record: vittorie fra le grandi d’Europa, vittorie in Europa e vittorie in trasferta. D’accordo, conta di più vincere qualcosa di concreto. Ci stiamo provando. Sorrido quando dicono che il campionato vale poco. È sempre così: chi vince ha tutti contro».
Invidie, gelosie?
«L’Inter non vinceva da tempo, ora vince. Il campionato è sempre difficile, anche quando non c’è la Juve».
Più tensioni a Torino o Milano?
«Alla Juve le sentivi quando perdevi. Ti buttavano subito la croce addosso. Logico, una squadra abituata a vincere tanto non ci sta. All’Inter non si vince da tanto tempo, c’è meno pressione. Guardate il Real dei galattici: erano abituati a vincere tutto, ora soffrono la situazione. L’importante è stare in alto, nessuno può stare venti anni al top».
Le piace il calcio italiano?
«Sì, è il più difficile, quello spagnolo il più elegante, quello inglese il più veloce. In Italia i difensori sono bravi, bravi».
Magari provocano?
«Un’esperienza nuova. In Olanda non era così. Ho dovuto imparare in fretta».
Per evitarlo dovrebbero bastare gli arbitri....
«Loro dovrebbero capire e vedere bene. Quando vado in contrasto, mi fischiano contro perchè sono grande e grosso. E quando tocco qualcuno, quello vola a tre metri. Invece quando toccano me, non mi muovo: appunto perchè sono forte fisicamente. Così capita che fischiano sempre contro e non vedono i falli su di me. Stessa sorte per Adriano».
Ci vorrebbe qualcuno che glielo spieghi...
«Sono troppo nervosi. Quando glielo spieghi non si calmano: fischiano e sono irritati. Devono vedere meglio: sono arbitri, non tifosi».
Torniamo all’immediato: brutta situazione a Valencia. Dovete vincere...
«Non la vedo così male. Anzi, penso sia possibile vincere campionato e due coppe. Sono orgoglioso di essere all’Inter e lo dimostrerò. Quest’anno andiamo meglio in trasferta che in casa: non è un vantaggio, ma una possibilità in più».
La difesa sta subendo qualche gol di troppo...
«Conta segnar gol, a me piace quando attacchiamo. Anche se capisco che bisogna essere equilibrati».
Teme di più Villa o Kakà?
«Kakà è sempre il più pericoloso. Villa è un tipo che sa segnare reti. Ma Kakà fa la differenza».
Ibra, questa settimana servirà qualche gol con la sua firma... «Quest’anno sono più continuo. Quando sono arrivato in Italia, avevo tanta adrenalina, tutti volevano sapere quanto valevo. Ho segnato 16 reti il primo anno, il secondo è andata meno bene. Mi è servito per capire come reagire quando mi capiterà».
Non segna in Champions...
«C’è stato un anno all’Ajax che ho segnato subito 5 reti in Champions e una in campionato. Koeman mi diceva: non è normale, devi essere concentrato sempre. Non solo nelle partite che ti danno stimoli. Quest’anno gioco come mi piace, segno contro tutti. Ce la farò anche in Champions».
Lo scudetto è vinto?
«Ricordo alla Juve, avevamo un vantaggio simile a questo, ma alla fine ci sono rimasti solo tre punti. Vuol sapere il segreto? Lavorare bene in allenamento, stare concentrato sempre, metter pressione a te stesso.

Non vinci lo scudetto, quando vinci un derby».

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