Un pessimo esempio per i giovani, dice qualcuno. Uneroina del nostro tempo, replica qualcun altro. Lei sorride, capelli al vento e timone in mano, e parte per la sua sfida. Non ha paura Jessica Watson. Ieri è salpata dalla baia di Sydney. Partenza ore 9. Di fronte il viaggio più esaltante e pericoloso: 23.600 miglia nautiche (38mila chilometri) a bordo della sua barca a vela, la «Ellas Pink Lady». Oltre 230 giorni senza mai toccare terra. Il giro del mondo in otto mesi. Pasti disidratati, frutta secca e cioccolato per aiutarsi quando lì fuori, in mare aperto, le onde si fanno minacciose, il buio cala, il vento è un amico da gestire con cura.
«Non ho paura», dice Jessica. I suoi 16 anni spaventano gli altri, quelli che probabilmente seguiranno limpresa dalle pagine del suo sito (www.jessicawatson.com.au), col fiato sospeso. Lei no, lei tira dritto. Di fronte la sfida più ambiziosa: diventare la skipper più giovane di sempre a circumnavigare il mondo in solitario. Su per lEquatore, tanto per cominciare. Poi giù verso Cape Horn. E ancora una lunghissima traversata direzione Africa, Capo Buona Speranza. Infine lOceano Indiano, fino al rientro in Australia e allapprodo a Sydney. Meglio pure di Mike Perham, il ragazzo inglese che a 17 anni ha compiuto limpresa battendo ogni altro record.
I fan di Jessica le ricordano le parole di Mark Twain: «Tra ventanni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. Quindi liberati e salpa dal porto sicuro. Cattura gli alisei nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri». La pensano così anche i suoi genitori. «È più pericoloso andare in strada e guidare la macchina», dice mamma Julie. E poi ancora: «Perderla sarebbe terribile, ma penso ancora che sarebbe peggio dirle no, non puoi».
Eppure, nonostante lappoggio dei genitori e dei sostenitori che ieri si sono presentati al porto di Sydney per vederla salpare, Jessica è nellocchio del ciclone. E con lei la sua famiglia. «Incoscienti», li definiscono in molti. «La spinta a raggiungere un record sembra aver completamente offuscato la percezione dei rischi reali per la ragazza», ha spiegato il presidente di Australian Childhood Foundation, Joe Tucci, che fino alla fine ha cercato di convincere Jessica a non partire, sperando che aspettasse almeno fino alla maggiore età. «I genitori dovrebbero agire come un barometro per i figli avvisandoli dei rischi e incoraggiandoli a capire a quali conseguenze vanno incontro, trattenendoli se necessario». Daltra parte Laura Dekker, ragazzina olandese di 13 anni, è stata fermata da un tribunale olandese per le stesse ragioni ed è stata infine affidata ai servizi sociali. Le autorità del Queensland si sono limitate invece a sconsigliare a Jessica la circumnavigazione, senza tuttavia imporre un divieto alla ragazza e alla famiglia.
Jesse Martin, che nel 98 si imbarcò alletà di 17 anni, è convinto che Jessica ce la farà. Ma i pericoli non sono da sottovalutare. Il mese scorso, in una navigazione di prova, proprio Jessica era andata a urtare contro un cargo di 63mila tonnellate. «Poteva succedere a chiunque altro», ha detto lei candidamente. «Quellincidente mi ha dato ancora più sicurezza.
Sul suo blog ieri gli ultimi aggiornamenti. Ma è la madre che scrive, ringrazia tutti per lappoggio e promette: «Sono certa che avrete presto notizie di Jessica».
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