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La sfida di Petrucci «Caro Matarrese, qui comando io»

Si inasprisce la lotta per il potere nello sport. Il presidente del Coni replica a quello della Lega calcio e rilancia: «Le sue frasi su Pancalli sono umilianti per chi le pronuncia»

Caro Presidente Petrucci, ha sentito le cannonate di Matarrese? Sostiene che la Figc ha ceduto quote di potere al Coni...
«A Matarrese voglio bene ma gli rispondo che non hanno mai fatto parte del vocabolario del buon senso frasi del tipo “il calcio sono io”, “il calcio è la Lega, non mi meritate”. Fino a quando non cambieranno le leggi, in Italia le regole sullo sport le detta il Coni che delega alcune competenze alle federazioni e queste a loro volta alle leghe. La Lega professionisti di Milano è certamente una componente importante dell’organizzazione ma non è il calcio italiano che è composto invece da 17mila società, da dirigenti e da volontari. Per quanto riguarda Luca Pancalli, a Matarrese ricordo che il commissario straordinario viene scelto dal Coni e quel suo giudizio di tenerezza mi stupisce e umilia chi lo emette. Sappia Matarrese che il Coni andrà avanti e la federazione farà altrettanto pur nel rispetto degli interessi del calcio di serie A e serie B, interessi che però devono essere integrati con quelli del resto del calcio italiano».
Matarrese però obietta che il Coni, nel frattempo, è diventato ostaggio del Governo a causa della necessità di passare dal Principe a reclamare finanziamenti per il funzionamento del settore...
«Se il rilievo si riferisce alla cifra di 450 milioni di euro stanziata in Finanziaria, la spiegazione è elementare. I giochi sportivi procurano all'erario ricchi incassi. Secondo un recentissimo calcolo, nei primi sei mesi del 2006, siamo a 900 milioni di euro. La cifra riconosciuta allo sport italiano è appena il 50% del fatturato prodotto».
D'accordo e sull'invadenza della politica?
«Ho lavorato, come presidente del Coni, con un governo di centro-destra e uno di centro-sinistra. Mai, né dall'uno né dall'altro, ho ricevuto interventi a gamba tesa. Semmai il problema, vero, è un altro».
Quale scusi?
«In passato quando lo sport nazionale dipendeva in modo esclusivo dal calcio e dall'incasso del totocalcio, allora si registravano alcune forzature. Adesso la federcalcio può essere considerata una di quelle importanti ma non il motore dello sport né il padrone del vapore».
Caro presidente Petrucci lei passava per essere un amico del governo Berlusconi e all'inizio i suoi rapporti con la Melandri non sono stati idilliaci. Conferma o smentisce?
«L'istituzione del ministero per lo sport ha coperto uno dei compiti che la legge istitutiva del Coni non prevedeva. Inoltre, forse non tutti ricordano che tanti anni fa c'era un ministero della Gioventù e nessuno si scandalizzò. Dunque, nessun problema. Io poi non ho notoriamente un carattere mansueto. Eppure ho misurato l'operato del Governo e del ministro Melandri dai fatti e non col metro dei pregiudizi e oggi il mio giudizio è positivo. Molto positivo».
Anche in materia di nuovo provvedimento legislativo sui diritti televisivi?
«Certo. Condivido l'impostazione e in particolare la scelta di passare alla Lega professionisti di Milano la delega per la distribuzione degli introiti. Mi sembra rispettosa dell'autonomia».
Cosa pensa dello scontro in atto sulla bozza del nuovo statuto tra Lega e Federcalcio?
«L'abolizione del diritto di veto mi convince, per il resto mi sembra ci sia grande disponibilità al dialogo e alle modifiche concordate».
Che valutazione ha dato di calciopoli?
«Penso che, nel calcio italiano, niente potrà tornare come prima. Con i processi e le sentenze, una fase si è chiusa, riaprire la discussione è un gioco perverso a cui non intendo partecipare. Sento e leggo critiche feroci al fatto che i due gradi di giudizio siano stati scanditi da un diverso ventaglio di pene per gli stessi dirigenti. La cronaca italiana è piena di casi in cui c'è stato un giudizio diametralmente diverso, sullo stesso contenzioso, tra diversi gradi della giustizia ordinaria. Perché scandalizzarsi solo per il calcio?».
Eppure Guido Rossi sostiene che il calcio italiano è irrecuperabile...
«Non so francamente come faccia a dirlo. Io invece colgo l'aspetto costruttivo della vicenda, cioè gli sforzi compiuti dall'attuale commissario Pancalli nel riformare lo statuto. Il risultato finale dev'essere uno, anche se molto impegnativo: accreditare l'immagine di un calcio diverso da quello precedente».
Lei è stato tra i più vicini alla Nazionale durante il mondiale di Germania: aveva intuito qualcosa?
«Sono sincero, prima di Italia-Ghana avevo una bella fifa. Poi, dalla prova in campo e dalla tenuta psicologica del gruppo, ho intuito che potessimo arrivare fino in fondo. Ma al titolo mondiale non pensavo».
Quando l'Italia è tornata a casa, sono stati in tanti a salire sul carro...
«Io non mi scandalizzo. È bello condividere gioie e soddisfazioni che noi abbiamo provato in diretta e dal vivo».
Lei, caro Petrucci, passa come il difensore più strenuo di Donadoni. C'è un motivo?
«Lo conosco e lo stimo da calciatore, ha un bel carattere, persona seria e che non ama recitare. Lavora sodo senza apparire. È stata un'ottima scelta come ct. Se assistito dalla fiducia dell'ambiente, può regalare grandi soddisfazioni agli azzurri».
È vero che lei sponsorizza l'elezione di Giancarlo Abete quale prossimo presidente del calcio italiano?
«Il presidente del Coni non parteggia. Mi hanno chiesto un giudizio sulla persona: ne penso un gran bene, è stata la risposta. Tra l'altro ha appena accumulato l'esperienza di capo-delegazione al mondiale di Germania».
Cosa pensa dei riconoscimenti piovuti su Cannavaro?
«Che in giro per il mondo si saranno convinti che quel titolo è stato meritato».


Se dovesse scegliere un atleta simbolo del magico 2006, chi segnalerebbe?
«Nessuno si deve offendere se punto deciso su Vanessa Ferrari».

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