Negli Stati Uniti ha vinto la speranza, quella speranza di cambiamento che Barack Obama ha saputo accendere nell'animo dei cittadini. Sin dall'inizio, con le primarie, è stato il suo slogan-tormentone: "Yes we can" ("Sì possiamo farcela"). Gli americani gli hanno creduto. Sembrerà retorico ma con Obama ha vinto il "sogno americano". Basta leggersi la biografia del neoeletto presidente per capire quanti passi avanti abbia fatto la democrazia a stelle e strisce dal punto di vista multirazziale. Proprio per questo l'ingresso del primo afroamericano alla Casa Bianca rappresenta la speranza che si fa realtà, il sogno che si avvera. Come nei film, quelli che noi italiani chiameremmo - con aria da snob - americanate. Invece è tutto vero.
La campagna elettorale più costosa Si è detto e si è scritto molto delle ultime elezion Usa: le più costose della storia, le più tecnologiche, le più partecipate. Di promesse, in campagna elettorale, ne sono state fatte tante, forse troppe. Ma questo fa parte della politica in ogni angolo del mondo. Ora, per Obama, verrà la fase più dura ma anche più avvincente: cercare di tramutare in realtà il sogno del cambiamento. Per alcuni si è trattato - e si tratta - di un sogno vuoto, pieno di retorica ma privo di reali contenuti. Un giudizio ingeneroso forse irrispettoso verso tutti quei cittadini che hanno dato corpo al loro desiderio di cambiare aria a Washington. Si tratterà di aspettare per vedere cosa Obama sarà in grado di fare in concreto.
L'agenda politica Dal ritorno al multilateralismo in politica estera (senza rinnegare il ruolo di leadership degli Usa), alla riduzione delle tasse per chi guadagna meno di 250mila dollari - con conseguente aumento per chi è più benestante -, dalla riforma della sanità (il grande sogno democratico di garantire a tutti l'assistenza di base) fino al rilancio di un'economia in crisi. Sin dall'inizio Obama ha parlato della necessità di redistribuire la ricchezza. Un intento che i repubblicani hanno bollato come "socialista". Ma si tratta solo di una diversa visione dei compiti dello Stato: con Obama, così come prima di lui è avvenuto con Clinton - per citare l'ultimo dei presidenti democratici - non si metterà mai in discussione l'importanza del libero mercato e dell'iniziativa privata. Tra l'altro l'ortodossia non interventista repubblicana è stata rinnegata da George W. Bush, coi grandi salvataggi di Stato messi in atto per fare fronte all'ultima grave crisi finanziaria.
Posti di lavoro
All'inizio Obama aveva parlato di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Poi sono saliti a quattro entro il 2010. Il piano di ripresa dovrebbe comprendere un fondo di 25 miliardi di dollari. Un bel gruzzolo per evitare tagli nei lavori pubblici "classici" quali manutenzione di strade, ponti e scuole.
Sicurezza
Il presidente ha già fatto sapere di voler chiudere Guantanamo. Ma su una cosa non transige: la lotta al terrorismo continuerà, senza quartiere, in ogni angolo del mondo. Per questo Obama ha mantenuto nel ruolo chiave di ministro della Difesa Robert Gates, l'uomo che sotto l'amministrazione Bush sostituì il discusso Donald Rumsfeld. Un patto di ferro tra la nuova amministrazione democratica e i generali, senza più guerre preventive. Ma nessuna tolleranza per chi difende o finanzia i terroristi.
Israele-Palestina
E' uno dei nodi più spinosi. Obama intende affrontarlo di petto ma sa bene che è difficile, è molto difficile da risolvere. L'importante è rilanciare e puntellare il processo di pace. Ma come fare? Con la diplomazia, ovviamente. I consiglieri di Obama consigliano di affrontare subito la questione, evitando di ripetere l'errore, già fatto dai suoi predecessori, di lasciarselo alla fine del mandato. Hillary Clinton, segretaria di Stato, è sicura amica di Israele. Ora, però, dovrà dimostrare di essere soprattutto una buona mediatrice.
Sanità
L'impegno con gli americani è molto arduo. E' lo stesso sul quale si quindici anni fa si erano arenati i sogni di Hillary Clinton durante il primo mandato del marito. Fornire a "tutti i cittadini la stessa assicurazione sanitaria che oggi hanno i membri del Congresso". Sarà dura mantenere l'impegno. Serviranno moltissimi soldi. E con la crisi economica non è facile trovarli.
Energie alternative
E' uno dei cavalli di battaglia di Obama. Far pagare più tasse alle compagnie petrolifere - sui profitti extra - e investire il più possibile sulle energie rinnovabili. Per questo ha scelto Stephen Chu, il fisico cinese-americano premio Nobel per la Fisica undici anni fa. Obama ha voluto il professore di Berkeley per guidare il potente ministero dell'Energia. Notoriamente è uno scienziato "verde". Dovrà dimostrare di saper dialogare anche con i petrolieri.
L'obiettivo: lavorare 8 anni Gli impegni che Obama si è assunto in campagna elettorale sono complessi. Qualcuno parla già di "libro dei sogni". La loro realizzazione dipenderà anche da cosa accadrà nel mondo, con le crisi internazionali e gli equilibri geopolitici delle aree calde del pianeta. Per fare qualcosa di veramente significativo, in grado di lasciare il segno, occorrerà lavorare per otto anni, due mandati. Obama se ne rende conto e ha già messo le mani avanti nel suo primo discorso da presidente eletto a Chicago.
I giovani e la politica L'America volta pagina. Non si tratta solo del sogno che diventà realtà. Non si tratta solo del riscatto epocale di una minoranza.
Obama ha portato a votare moltissimi giovani - bianchi e neri - avvicinando una generazione che si sentiva distante, sfiduciata, tenuta in disparte. Questo forse sarà il compito più difficile per Obama: non far affievolire mai , com'è nella natura delle cose, la vigorosa speranza che moltissimi giovani hanno riposto in lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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