«Non sono indagato, non devo difendermi da niente e non intendo dimettermi». Ostenta indifferenza Massimo Ponzoni, ex assessore e esponente politico del Pdl, segretario dellUfficio di presidenza del consiglio regionale. Ma i fatti sono tuttaltro che piacevoli: laula del Pirellone ha messo ai voti una mozione di sfiducia contro Ponzoni, invitato a dimettersi dallincarico nellufficio di presidenza pochi mesi dopo il voto a causa del coinvolgimento nella maxi inchiesta sulla ndrangheta a Milano. I consiglieri hanno bocciato la richiesta, votata a scrutinio segreto. La situazione, però rimane delicata.
A difendere Ponzoni è Paolo Valentini, capogruppo del Pdl in consiglio regionale: «Sono sempre convinto che sia fondamentale il criterio della presunzione di innocenza. Presunzione che non è neanche il caso di scomodare, perché Ponzoni non è neppure indagato. Non vedo quindi il motivo per cui è stata presentata una mozione di sfiducia nei suoi confronti, se non quello di rinfocolare la polemica mediatica».
Di tuttaltro avviso lopposizione. «Brutta pagina che indebolisce il consiglio e la sua autorevolezza. Ponzoni è una persona interessata da provvedimenti giudiziari e il cui nome compare nellinchiesta sulla ndrangheta» attacca il capogruppo del Pd, Luca Gaffuri, che ricorda la vicenda del fallimento della società «Il pellicano» e il cambio di destinazione di un terreno agricolo. Le critiche del Pd non sono però sufficienti allIdv, che accusa il partito alleato di «timidezza politica» sulla vicenda. La ragione del contendere è la mancata richiesta del voto segreto, che avrebbe spinto la maggioranza a votare compatta: «Il Pd si è evidentemente spaventato della possibilità che il consiglio regionale potesse accogliere i ragionevoli dubbi».
Ponzoni ritiene la vicenda un caso mediatico: «Sono trapelate indiscrezioni sui giornali.
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