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Sfila la «pelle» che ha conquistato Hollywood

È Belstaff, storica griffe inglese rilanciata dalla famiglia Malenotti

Pamela Dell’Orto

Piccola premessa: dimenticate moto, centauri, giacche tecniche da uomo. Stasera le modelle di Belstaff avranno indosso mantelle anti-pioggia iperfemminili (oltre a deliziosi abitini in pelle e cappotti in tweed) e sfileranno su una bici. In un grande show ecologico. Segno che il marchio non solo è al passo con i tempi e le nuove esigenze del mercato, ma che si sa anche rinnovare.
Altrimenti non sarebbe riuscito a conquistare Hollywood. Ci sarà pure un motivo se le sue giacche sono adorate da Angelina Jolie, George Clooney, Penelope Cruz, Matt Damon e Britney Spears. Se molte star, da Madonna a Uma Thurman, non riescono a rinunciare ai suoi stivali. E se qualcuno è disposto a girare mezzo mondo pur di trovare un giubbino. L’assistente del miglior amico di Tom Cruise, ad esempio: si è presentata nella boutique di Londra (la prima aperta dalla griffe nel 2005, le prossime a Milano, Firenze, New York, Tokyo, Madrid), ha chiesto una giacca (era per il compleanno di Tom, che pare gradisse solo «quel» regalo), non ha trovato il modello, è volata a Mogliano Veneto per tornare a Los Angeles vittoriosa. Il giorno dopo Tom l’aveva indosso.
«Il» motivo è la qualità impeccabile di ogni capo. Il responsabile marketing e relazioni internazionali dell’azienda Manuele Malenotti, 31 anni, non ha dubbi. Ci accoglie nello show room di zona Tortona dove fervono i preparativi per la sfilata, all’ultimo piano di un edificio quasi interamente open space (dove c’è una cucina da far invidia ai migliori ristoranti di Milano). Vogliamo sapere perché le sue giacche (e stivali e borse) fanno ormai parte integrante di innumerevoli grosse produzioni. Decine di film già usciti: «Non ricordo nemmeno più quale fosse il primo». Decine in uscita. Da «Mission Impossible III, dove Cruise indossa la giacca tutto il tempo: è fatta con un tessuto che resiste alle pallottole, lo usano i Corpi speciali sopra il giubbetto antiproiettile, si ricompone anche dopo il buco» (non ci crediamo, ci portano una giacca e la bucano davanti ai nostri occhi. Tutto vero). In The Aviator Leo Di Caprio indossa un giubbino in pelle Belstaff, che ha contribuito a far vincere l’Oscar per i migliori costumi a Sandy Powell. «Per il prossimo film Di Caprio (farà un poliziotto sotto copertura) indosserà una giacca ispirata a quella di un mio amico poliziotto...». In Ocean’s Twelve lo zaino con il logo è «uno dei protagonisti. Quando mio fratello Michele è andato alla première gli è preso un colpo. Non ce lo aspettavamo...». Una lista infinita.
Basterebbe conoscere la storia del marchio per non stupirsi. Una fabbrica di impermeabili che apre nello Staffordshire (è il 1924), che nel giro di pochi anni sperimenta (prima al mondo) un tessuto cerato e traspirante (il wax cotton) e si specializza in capi tecnici che finiscono indosso (anche) a Che Guevara. I suoi giacchini in pelle che negli anni ’60 diventano una seconda pelle per James Dean, Marlon Brando, Steve McQueen e persino per Lawrence d’Arabia. Un piccolo salto: primi anni ’90, piena crisi del tessile in Inghilterra. È a questo punto che una storia very english diventa un’avventura italiana. Franco Malenotti, imprenditore appassionato di moto (e motociclista e padre di Manuele) collabora già con Belstaff come distributore e licenziatario per l’Italia. «Nel ’91 gli dicono che la fabbrica inglese (mille dipendenti) sta chiudendo: lui dice che è come se decidessero di chiudere la Ferrari». Così sposta la Belstaff a Mogliano Veneto (Treviso).

Nel 2004 viene acquistata da Clothing Company, compagnia della famiglia Malenotti, che porta avanti tradizione inglese («abbiamo tenuto i fornitori storici, la tradizione è fondamentale»), ricerca e sperimentazione. Ed è qui che l’avventura italiana diventa anche un po’ americana.

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