Pedro Armocida
da Venezia
Applauditissimo ieri in sala grande, Lettere dal Sahara, evento speciale fuori concorso, segna il ritorno dietro la macchina da presa di Vittorio De Seta, uno degli autori più atipici e defilati del nostro cinema. In cinquantanni di attività ha girato venti opere di cui sedici documentarie e solo quattro di finzione tra cui i celebri Banditi a Orgosolo del 1961 e Diario di un maestro del 1972. Assente dal set da più di quindici anni, da quel In Calabria che celebrava la regione dove ha deciso di vivere dopo i natali siciliani e il girovagare tra Roma e la Sardegna, a ottantadue anni splendidamente portati, De Seta si avvicina a un mondo, quello dellimmigrazione, che fino ad oggi non ha interessato più di tanto il cinema italiano. Un lungometraggio di finzione, frutto duna produzione un po travagliata, debitore però dello stile documentaristico che ha sempre contraddistinto le sue opere. Così De Seta, alla maniera di Zavattini, pedina il protagonista del suo film, Assane, un giovane senegalese musulmano che interrompe gli studi per emigrare in Italia. Naufragato a Lampedusa, viene portato in Sicilia da dove riesce a fuggire per vivere la difficile esperienza dellessere clandestino. Grazie alla solidarietà di alcuni compatrioti incontrati per caso e allinteressamento di un insegnante di italiano per stranieri a Torino, Assane viene messo in regola. Ma proprio quando riesce a trovare un po di stabilità e di serenità è vittima di un grave episodio di razzismo che lo farà ritornare in Senegal.
Misurato e per alcuni versi un po ingenuo (nel senso buono del termine, di uno sguardo candido), Lettere dal Sahara senza ricorrere alla facile drammatizzazione degli eventi, evidenzia bene il problema dellimmigrazione e getta uno sguardo abbastanza oggettivo (ma gli immigrati sono sempre buoni mentre tra gli italiani sannidano i cattivi) sulla difficile integrazione di culture diverse.
E per un regista di documentari che passa alla finzione ce nè un altro, Vincenzo Marra, che fa il percorso inverso e ci regala il bellissimo Ludienza è aperta da lui prodotto con Rai Cinema e presentato ieri nella sezione collaterale delle Giornate degli Autori. Un viaggio, forse unico nel nostro cinema, allinterno di unaula di giustizia della corte di appello di Napoli al seguito delleccentrico presidente Vignola che non fa mistero delle sue idee destrorse, del suo giudice a latere Elena Giordano, della giuria popolare e del più famoso avvocato penalista partenopeo. Sullo sfondo il processo ad alcuni membri del clan camorristico dei Casalesi accusati di pluriomicidio.
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