A Shanghai l’Italia fa le prove generali per il 2015

Quella di Shanghai 2010 sarà probabilmente un’Expo dei record, con i ben 242 paesi aderenti a questa manifestazione che va a premiare un paese come la Cina, vero motore oggi di un’industria che tutti vorrebbero cavalcare. Un mercato, insomma, da non perdere quello cinese e a cui ovviamente anche l’Italia guarda con il suo megapadiglione (il secondo per grandezza dopo quello dei padroni di casa) attualmente in allestimento a poco meno di un mese dall’inaugurazione (1 maggio).
Al suo interno una ricostruzione del teatro Olimpico del Palladio di Vicenza e, nell’ambiente vicino, la cupola del Brunelleschi alla quale sta mettendo mano un folto drappello di operai cinesi, con caschetti protettivi di ordinanza con tanto di bandierina italiana da una parte, e cinese dall’altra. Intitolato «La città dell’uomo - vivere all’italiana», il nostro megastand di 6.000 metri cubi è composto da 3.774 pannelli di cemento rivoluzionario e mai utilizzato prima come l’I-Light. Un cemento che fa trasparire una luce soffusa non perdendo però nulla in solidità e sicurezza.
Costruito su tre piani con un’architettura che ricorda il gioco dello Shanghai (omaggio dovuto alla città) il padiglione italiano, progettato dall’architetto Giampaolo Imbrighi, al primo piano accoglie i visitatori con opere d’arte monumentali e non, ricostruite in scala, ma anche ovviamente con i prodotti italiani più noti, dall’Isotta Fraschini alla Ferrari verde, dalla moto Aprilia alla bicicletta. Al secondo piano, invece, ancora eccellenze del Belpaese, ma anche mostre d’arte, spazi gestiti di volta in volta dalle regioni a seconda dei temi e delle necessità e un auditorium interno. Al terzo piano, infine, un ristorante di lusso.
Nel progetto italiano c’è anche l’elemento acqua. L’edificio è infatti lambito dai tre lati da una lama d’acqua che lo riflette esaltandone la struttura architettonica. E ancora, nel megapadiglione, un giardino interno, cristalli autopulenti, pannelli per energia solare e soprattutto la volontà di utilizzare solo materiale italiano: dalle prese elettriche fino alle telecamere di sicurezza (cosa, sembra, più che gradita da questo mercato).
«Abbiamo voluto maniacalmente che ci sia solo tecnologia italiana per questo edificio del peso di 230 tonnellate che, tra l’altro, è fatto in modo da poter essere totalmente smontato e, in caso, ricostruito a chiusura dell’Expo il 31 ottobre», spiega a Shanghai Ernesto Miraglio, direttore del padiglione. Dice invece lo scenografo Giampaolo Basili («L’ultimo bacio» e «Il caimano»), dell’allestimento interno: «Il tutto è stato concepito come se si entrasse in Italia con una macchina da presa, come un film.

Volevamo sposare Capogrossi e Palladio con la tecnologia e far entrare il visitatore non nel solito stand futuristico, ma sorprenderlo, appunto, come accade spesso al cinema».
A Shanghai, dunque, l’Italia si mette in mostra. Facendo così le prove generali per il 2015, quando l’Expo sarà a Milano.

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