L'autobus della Veterans' Bus Service, un'improbabile compagnia di veterani dell'esercito indiano, fa capolinea a Colaba, la zona di Bombay dove si concentrano alberghi di quart'ordine e pensioni a buon mercato. Greg è il primo a mettere piede sul predellino e a farsi largo tra la folla di spacciatori di droga, procacciatori di prostitute e trafficanti d'ogni genere. Ha una chitarra a tracolla, un passaporto falso in tasca e uno zaino in cui ha stipato tutti i propri averi. Quella di Greg è una storia che è un vero e proprio elogio alla libertà: la fuga dal carcere di massima sicurezza di Pentridge in Australia, l'amore per Bombay, lo studio di primo soccorso tra le baracche dello slum abusivo sotto l'imponente World Trade Center in costruzione, il traffico d'armi in Afghanistan al fianco dei mujaheddin, la desolazione dei campi profughi in Pakistan e, ancora, Bombay. Sempre e comunque Bombay.
Leggere Shantaram (Neri Pozza, pagg. 1184, 22 euro) è un'esperienza che segna. Quello di Gregory David Roberts è un viaggio -intriso di carnalità e sentimento - nell'animo umano continuamente teso alla ricerca della libertà e frastornato dall'incapacità di comprendere dove trovarla e come ottenerla. Tutt'intorno la difficoltà di donare l'amore, l'incapacità di comunicare l'amicizia e la vacuità dei legami. Insomma, tutta quella caducità umana che da secoli turba scrittori e poeti e interrogga professori e filosofi.
Tredici lunghi anni Tredici lunghi e tormentati anni, due bozze andate distrutte in prigione e un successo letterario che è diventato un cult in tutto il mondo. Tra le righe del romanzo tornano a galla - di tanto in tanto - i legami delle vicende narrate con la vita dell’autore. Lo stesso Gregory David Roberts ammette che gli è costata un'immensa fatica per portare a termine questo romanzo "scritto con sangue, lacrime e gioia". "La fortuna è quello che ti succede quando il fato si è stancato di attendere", dice Karla (una delle protagoniste del libro) quando ormai tutta la trama del romanzo si è dipanata. Eppure di "fortuna" non può parlare per la vita di Greg, da subito ribattezzato Lin da Prabu, una divertente guida indiana che segnerà profondamente le sorti del protagonista del romanzo. Tutto quello che succede nel libro (e il lettore ha sempre il presentimento che sia vero) è un appassionato concatenarsi di avvenimenti e sentimenti, un vorticoso evolvere di situazioni che perteranno Lin a vivere una vita struggente e bellissima e a continuare a porsi il tragico significato dell'essere libero.
Vivere e non sopravvivere Sin dall'inizio Lin dice "sì". Segue Prabu al suo villaggio natale, si innamora di Karla incondizionatamente, accetta di farsi adottare da Khaderbhai. Insomma vive. Dice "sì" alla vita. E ci si butta anima e corpo. Solo così potrà diventare uno Shantaram, un "uomo della pace di Dio". I suoi occhi potranno ammirare e comprendere la santità degli standing babas e abbracceranno lo spazio sconfinato dal Villaggio Celeste, le sue mani allestiranno un ospedale per i poveri di uno slum, il suo cuore imparerà ad amare senza paure fino a stringere relazioni pericolose con la mafia indiana. Da Bombay partirà per una guerra (non sua) in Afghanistan tra le fila dei combattenti islamici. Il tutto pur di mettere in silenzio questo eterno grido di libertà che, dopo esser fuggito dal carcere in Australia prima e dalle prigioni di Arthur Road in India poi, continua a urlargli dentro. Senza trovare mai una risposta.
Il grido di libertà Essere un "uomo di pace", d'altra parte, non è facile. Perché la Pace non è dietro l'angolo. In un mondo, "governato da un milione di malvagi, dieci milioni di stupidi e cento milioni di vigliacchi", Lin capirà che la Pace non può essere solo su carta. Arriverà a lavorare per la mafia indiana. Arriverà a trafficare i passaporti falsi. Avrà garantite identità immacolate e visti mai scaduti. Ma niente Pace. Sulla sua pelle imparerà che non è lì che la libertà va cercata, che non bastano le catene a uccidere un uomo, che il desiderio di volgere lo sguardo al Cielo e sperare nell'immortalità è comune a tutti. Ma non è comune a tutti potervi dare una risposta.
E così solo diventando un "uomo di pace" (uno Shantaram, appunto) potrà dire addio ai propri incubi e accettare con serenità la propria esistenza. Una battaglia che - ogni giorno - altre sei miliardi di persone cercano di combattere. Purtroppo sono in pochi a vincerla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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