Sheva: «Pronto a tornare al Milan, anzi no»
8 Dicembre 2006 - 00:00Intervista in russo, poi il dietrofront. La realtà è che lucraino vuole che Abramovich cacci Mourinho
Shevchenko è diventato un intrigo internazionale. Lasso di Kiev detta una franca intervista alla rivista russa ProSport, la traduzione viene ripresa e rilanciata dai giornali inglesi con qualche enfasi di troppo e aggiunte maliziose. I lanci fanno il giro delle agenzie e delle redazioni, sul far della sera la smentita pubblicata dal sito del Chelsea, pronto a documentare lequivoco e a rilanciare limmagine di uno Sheva teso a dare «il 100% per il Chelsea». Tutto falso? Non proprio. Resta alla fine la sostanza dello strappo che riguarda semmai Mourinho, il tecnico portoghese. Col club londinese invece lintesa è perfetta. «Al Chelsea mi sento a casa, sembra che sia la mia squadra da una vita» è la premessa, una carezza per Abramovich e i tifosi dello Stamford Bridge, prima dellaffondo dedicato al ducetto portoghese. «Purtroppo il mio stile di gioco non si adatta a quello di Mourinho» continua infatti lucraino, la stella acquistata a carissimo prezzo (46 milioni di euro) nellestate scorsa dal milionario russo che regna sullimpero del Chelsea senza assicurarsi la corona della Champions league. Laltra frase di Shevchenko è il punto sulle trattative a meno di un mese dallapertura della sessione invernale del calcio-mercato. Shevchenko avverte: «Tutti stanno scrivendo di un mio passaggio in prestito al Milan. Non ho ancora discusso con la mia ex squadra, ma probabilmente gli stessi proprietari del club londinese non hanno ancora preso una decisione». Come si capisce è un invito rivolto al patron Abramovich per reclamare un chiaro intervento sulla vicenda in modo altrettanto trasparente e prima delle vacanze natalizie. Scontata la sua disponibilità a fare ritorno a Milanello, da figliol prodigo, mitigata dal dispetto di dover lasciare la Champions. «Non sono un giocatore finito. Daltra parte non devo dimostrare niente a nessuno, tutti sanno di cosa è capace Andriy Shevchenko» la sua conclusione destinata sempre a Mourinho più che a Galliani e Ancelotti.
I quali restano fuori dai giochi e non si illudono neanche per un istante. E non solo perché Peter Kenyon, dg del Chelsea, incontrato da Umberto Gandini, continua a ripetere che la cessione in prestito di Sheva a gennaio al Milan, sia pure per cinque mesi, «non è possibile, non buttiamo a mare il più importante acquisto della storia di Abramovich, si deve ambientare, lo aiuteremo». Ci sono poi le difficoltà di ordine regolamentare: il no dellufficio legale della federcalcio pesa come un macigno nonostante la disponibilità di Cantamessa alla battaglia legale. Nessun problema invece dallo spogliatoio di Milanello. E non tanto perché i dissidi e le incomprensioni sono legati al passato. Una frase di Kaladze può diventare il motto dellimprobabile ricongiungimento. «Noi abbiamo bisogno di lui, ma anche lui ha bisogno di noi». E Gilardino, che è un ragazzo per niente dotato di malizia, manda a dire: «Decide la società, per me porte aperte. Lanno scorso, con lui, feci 20 gol». Gattuso e Maldini, indicati come gli oppositori al ritorno, non sono tipi da portare rancore. E in questi giorni hanno altro a cui pensare, uno al recupero dal grave infortunio, laltro a guidare una squadra rimasta senza bussola, senza gambe e senza cuore.
La conclusione è semplicissima: Shevchenko pone ad Abramovich la spinosa questione di Mourinho e usa magari la suggestione del ritorno al Milan per uscire dalle curve di un tormentato adattamento al calcio inglese. Accadde ai tempi di Van Basten con Sacchi: allora Berlusconi condannò i due ad andare daccordo per 4 anni. Non ci sarà alcun ritorno del figliol prodigo e nessuno ammazzerà il vitello grasso nonostante la dichiarata disponibilità di Sheva a lasciare a Londra, per 6 mesi, la moglie Kristel e i due figli nella loro residenza appena acquistata.