Gian Piero Scevola
da Roma
Ci siamo, finalmente. La lunga attesa è finita e oggi allo stadio Olimpico va in scena la rappresentazione meno gradevole che il calcio si potesse aspettare. Quello che eufemisticamente è già stato definito «il processo del secolo» è in realtà il reality show di un calcio marcio. E da cambiare. Perché nessuno, neanche i censori di professione, si sarebbe mai aspettato una così numerosa serie di coinvolgimenti eccellenti con le violazioni forti pure del diritto sportivo: lillecito, la lealtà diventata slealtà, la probità e la correttezza sbianchettate. Insomma, il processo a uno sport che, mentre nei mondiali di Germania sta entusiasmando milioni di italiani, offre una ben diversa faccia della medaglia.
Nellaula bunker dellOlimpico, abituato a esaltanti imprese sportive (ma anche a rovinose cadute di stile, come ben sanno gli ultrà di Roma e Lazio), si riscriverà la geografia del calcio perché dopo la sentenza della Caf, attesa entro l8 luglio, tutto non potrà più essere come prima.
La vicenda era cominciata il 22 aprile, con una notizia apparsa su un quotidiano sportivo milanese nella quale si parlava di intercettazioni nel mondo del calcio da parte della giustizia ordinaria. Dal pissi pissi bao bao è subito emerso che già dallo scorso ottobre la Procura di Torino - Guariniello, tanto per intenderci - aveva inviato una comunicazione al presidente della Figc, Franco Carraro. Ma anche la Procura di Napoli era attiva da un pezzo, in base a un fascicolo di un paio danni fa aperto con una denuncia presentata da Franco Dal Cin.
Eccoci a epoche più recenti. Il 3 maggio la Federcalcio annuncia lapertura dellinchiesta legata a intercettazioni telefoniche su personaggi eccellenti. Le intercettazioni arrivano a valanga e 41 personaggi, da dirigenti federali a dirigenti di società, ex designatori arbitrali, arbitri in attività, giornalisti e impiegati della Figc vengono iscritti nel registro degli indagati a Napoli, e i magistrati mettono nel mirino 19 partite del campionato 2004-05. Ne segue una lunga serie di interrogatori da parte dei giudici napoletani; la prepotente irruzione di Francesco Saverio Borrelli al vertice dellUfficio indagini, i suoi interrogatori che, senza «tintinnar di manette», si scontrano con un muro di gomma e omertà: neanche un «pentito» che aiuti a scoprire quello che viene definito il «sistema Moggi».
Tanti pezzi da 90 del nostro calcio sfilano davanti ai pm napoletani e a Borrelli, che il 19 giugno presenta una «relazione motivata» di 193 pagine al Procuratore federale, Stefano Palazzi. Relazione durissima, nella quale Juventus, Milan, Fiorentina e Lazio vengono accusate di illecito sportivo, che prevede sanzioni gravi come la retrocessione in B, mentre per dirigenti e arbitri si va verso la radiazione. La novità portata da Borrelli è «lillecito strutturato», non più una serie di illeciti riferentisi a singole partite, ma una autentica cupola che preordinava e controllava tutti i risultati, favorendo le squadre aderenti a questa sorta di associazione a delinquere finalizzata a ottenere i maggiori vantaggi possibili.
Palazzi però recepiva e non le teorie borrelliane, anzi le smontava, riportando il tutto ai singoli illeciti per singola partita e attenuando la posizione del Milan, che invece Borrelli aveva equiparato a quella della moggiana Juventus, la «madre di tutti gli illeciti». Toccherà ora a Cesare Ruperto - già per un biennio presidente emerito della Corte costituzionale, posto dal Commissario straordinario Guido Rossi al vertice della Caf in sostituzione di Cesare Martellino - scegliere tra fare piazza pulita o attenuare alcune responsabilità per non provocare uno sconquasso mai visto nel calcio mondiale. «Spero che la Caf metta lo stesso impegno che abbiamo messo noi per rispettare i tempi», linput di Borrelli a Ruperto. «Capisco che è difficile impadronirsi in pochi giorni di un incartamento così voluminoso (riferendosi agli avvocati difensori, ndr), però questi sono i tempi che vanno rispettati». E per evitare polemiche, Borrelli ha puntualizzato per lennesima volta che con il Procuratore Palazzi «non ci sono screzi».
Gli risponde pacatamente Ruperto: «È un processo come gli altri. I tifosi possono stare calmi, anzi calmissimi. Il collegio sa quello che deve fare. Per il processo è tutto pronto. Ho letto, come è ovvio, anche le tesi difensive. Abbiamo lavorato tutti i giorni intensamente. Non ho visto Moggi in tv, non sento niente, leggo solo gli atti. Questo per me è un processo come gli altri». Un grande aiuto lavrà da Carlo Porceddu, lavvocato cagliaritano già protagonista, come inquisitore, in tutti i grandi processi del calcio negli anni Ottanta.
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