In Gallura i pescatori la chiamano «Fer'in Coa» (ferro nella coda) e sanno di doverle stare alla larga. Per il momento questa specie particolare di razza è l'unica «indagata» nella morte di Michele Arnulfo, morto a 15 anni domenica scorsa nei mari della Costa Smeralda.
Ma su questa ipotesi, subito avanzata dagli inquirenti, persistono i dubbi e per fugarli oggi una squadra di sub passerà al settaccio il fondale nel quale è avvenuta l'ultima immersione del giovane rugbista ligure. Si cercherà un oggetto a punta compatibile con la piccola lacerazione all'addome rivelatasi poi fatale per aver reciso l'arteria iliaca, provocando al giovane una gravissima emorragia interna.
La Procura della Repubblica di Tempio ha disposto un altro sopralluogo del luogo dell'incidente e quattro sommozzatori del nucleo subacquei di Cagliari oggi si immergeranno nelle acque di Liscia Ruia. Con loro anche il medico legale Salvatore Lorenzoni che lunedì ha eseguito l'autopsia, il procuratore Valerio Cicalò e il capitano dei Carabinieri di Olbia Gaspare Giardelli. Nonostante quella dell'attacco di una razza sia la spiegazione più accreditata dall'inizio, sono ancora molti (a parte lo scetticismo di un grande esperto, come Antonio Di Natale, responsabile scientifico dell'Acquario di Genova) i dubbi su questa pista.
Oggi, perciò, i sommozzatori controlleranno approfonditamente i fondali della zona alla ricerca di prove che permettano di ricostruire gli ultimi minuti di vita di Michele Arnulfo. Per il momento la Procura ha anche disposto ulteriori esami sul corpo per trovare tracce, anche a livello microscopico, dell'oggetto che avrebbe causato la morte. Ha anche disposto ulteriori verifiche per accertare la presenza di tracce di sostanze tossiche nel sangue del ragazzo.
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