Si cerca la quadra sul decreto sullo sviluppo Il Cav allo scontro con l’asse Tremonti-Bossi

Berlusconi non vuole un decreto a costo zero ma il ministro dell’Economia, sostenuto dal leader della Lega, tiene duro. Sacconi: "Misure per incoraggiare nuove assunzioni". E resta aperto il nodo Bankitalia

Si cerca la quadra sul decreto sullo sviluppo 
Il Cav allo scontro con l’asse Tremonti-Bossi

Roma Berlusconi fa i conti con un occhio al Senatùr e alle mosse di Tremonti. Nella sua giornata brianzola, nell’attesa di riatterrare oggi a Roma, il premier lascia che a lavorare sui contenuti del decreto sviluppo sia principalmente il partito. Ci sono quelli di «Controcorrente», l’anima liberista del Pdl guidata dal sottosegretario Guido Crosetto, Giorgio Stracquadanio, Isabella Bertolini ed Enrico Costa; ci sono i ministri economici, con in testa Paolo Romani, Maurizio Sacconi e Renato Brunetta; ci sono i malpancisti scajoliani anche loro in pressing per chiedere una «scossa all’economia». Tutti sembrano dare il proprio contributo per dare ordine a un provvedimento che, ad oggi, resta un mosaico ancora confuso.

Nonostante le rassicurazioni di ieri del ministro Sacconi («I tempi per la presentazione del decreto saranno rispettati») i contenuti del provvedimento sono ancora in definizione. Sempre Sacconi anticipa che sarà «incentivato l’apprendistato e incoraggiato il telelavoro, soprattutto per le madri e i padri, per conciliare il tempo per il lavoro e quello per la famiglia»; e che «ci saranno misure di semplificazione nella gestione del rapporto di lavoro per incoraggiare ancora di più le nuove assunzioni».

Ma poi ci sono i capitoli relativi alle infrastrutture, alle liberalizzazioni, alle dismissioni. Tutte cose che sembrano ancora cozzare con il ministro dell’Economia che, sebbene più aperto alla concertazione nel metodo di lavoro, non pensa minimamente a togliere i suoi paletti. Il primo è il «costo zero» pena, a suo dire, la necessità di un’altra manovra che metterebbe ancora le mani nelle tasche degli italiani. E Berlusconi lo esclude. Il secondo è il «no al condono», misura sponsorizzata da molti parlamentari pidiellini e che comporta anche problemi etici oltre che politici. A far capire lo stato dei rapporti tra Tremonti e il resto del partito, in ogni caso, è il seguente colloquio avvenuto in Transatlantico venerdì scorso: «Allora Giulio, ci farai finalmente vedere gli effetti speciali nel prossimo decreto sullo sviluppo?», gli domandava un parlamentare a ridosso del voto di fiducia al governo. E lui col sorriso sulle labbra: «Quale decreto?».

Insomma, il braccio di ferro continua a distanza e non è dato sapere quando potrebbe arrivare il redde rationem finale, con la sconfitta o la vittoria di uno dei due contendenti. Il Cavaliere vorrebbe il colpo d’ala ma per adesso sembra abbozzare nei confronti dei «niet» di Tremonti. Perché? C’è chi dice che tenga d’occhio il suo principale alleato: quel Bossi che continua a far da sponda all’attuale ministro. Venerdì scorso Tremonti e il Senatur passeggiavano in Transatlantico quasi sotto braccio, ostentando una vicinanza ancora solida. È vero che i malumori delle truppe leghiste investono anche il ministro dell’Economia ma è vero anche che il «capo» non sembra intenzionato, per ora, a mollarlo. Come se Tremonti possa garantire al Carroccio qualcosa di non scontato da un eventuale suo sostituto.

Così, anche nella battaglia per la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia, Tremonti continua ad avere nel leader del Carroccio un prezioso alleato. Entrambi sostengono l’attuale direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, mentre Berlusconi sarebbe ancora orientato per la soluzione interna, promuovendo il romano Fabrizio Saccomanni. Un tira e molla che non giova all’immagine del governo ma che rimane un nodo dalla non semplice soluzione.
Soprattutto in un momento in cui la maggioranza sembra scricchiolare e gli attacchi giudiziari proseguono.

L’ultimo capitolo è relativo all’avviso di chiusura indagine relativa al filone dell’inchiesta sui grandi appalti.

Inchiesta che vede coinvolti sia il coordinatore del Pdl Denis Verdini che Marcello Dell’Utri. Il premier sente entrambi per esprimere «solidarietà». «State tranquilli - dice loro - Riuscirete a dimostrare che non c’entrate nulla».

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