«Si realizza il sogno di Al Qaida»

Gian Marco Chiocci e Mario Sechi «Il cuore del problema che circonda la pubblicazione delle vignette non è il sentimento di offesa o la mancanza di rispetto, ma una spaventosa dimostrazione di forza: la capacità di dar vita a un movimento potenzialmente tanto forte da rovesciare un regime», sono le prime righe di un report che è oggetto di attenta lettura nelle agenzie di intelligence occidentali.
La Cia a Langley e l’Mi6 a Vauxhall Cross sono in allerta da settimane, gli analisti stanno cercando di leggere uno spartito che è orchestrato da un’unica mente. The director is the same, «il direttore è lo stesso», un regista capace di accendere la miccia in Danimarca e propagare l’incendio in tutto il mondo islamico che ora è puntualmente in fiamme. «Tutte le manifestazioni sono orchestrate, sia quelle di natura popolare, che quelle di tipo diplomatico, la mano che ha condotto i dimostranti nelle strade è la stessa che ha obbligato i governi ad agire secondo i desideri dei fondamentalisti islamici che, con l’aiuto di un’Europa incapace di prendere una ferma e comune posizione, stanno dettando l’agenda di politica internazionale».
Il report di sette pagine è denso, la prosa scorrevole, l’analisi non fa sconti a nessuna delle parti in gioco: pura realpolitik. È completato da una cronologia che parte dal 17 settembre 2005 (data in cui il quotidiano danese Politiken racconta che lo scrittore Kaare Bluitgen non riesce a trovare un illustratore per un suo libro sulla vita di Maometto, perché gli artisti hanno paura della vendetta degli estremisti islamici) e si conclude con gli eventi di ieri (le uccisioni in Afghanistan, le proteste nel Kashmir e in tre città indonesiane). Una sequenza impressionante che sembra seguire un filo rosso: creare l’incidente diplomatico in Danimarca (prontamente avvenuto); diffondere le vignette satiriche nel mondo islamico mischiando quelle pubblicate dal quotidiano danese Jyllands Posten con altre mai pubblicate, di fonte tuttora misteriosa ma attribuite falsamente al quotidiano danese (il Profeta con la faccia di un maiale, un cane che sodomizza un musulmano in preghiera, Maometto ritratto come un pedofilo); sollevare le piazze minacciando i fragili governi arabi ostaggi del fondamentalismo; fare un test sull’efficacia del network di comunicazione globale della jihad islamica. Sembra fantapolitica, invece è la dura realtà. Fondamentale l’uso del web: una campagna di disinformazione che nelle chatroom islamiche, sui blog, su internet, stava costruendo rapidamente l’indignazione virtuale.
Il clima necessario per guidare la rivolta. Così le vignette «sono state spedite in Kuwait e Palestina, in Indonesia e Pakistan». Coloro che sono dietro questa ben orchestrata campagna avrebbero dimostrato che i musulmani sia in Occidente che nelle nazioni arabe possono essere manipolati e istigati alla rivolta. La lezione è che anche i Paesi arabi e i regimi considerati filo occidentali, possono essere rovesciati. Le fibrillazioni in Arabia Saudita, il terremoto nel governo libanese con le dimissioni del ministro degli Interni, le rivolte tollerate (e qualcuno dice incoraggiate) da Damasco, sono la dimostrazione che la regia occulta ha centrato il bersaglio. Ma chi si cela dietro il paravento del gruppo fondamentalista danese che ha fatto il giro delle sette chiese islamiche? La data chiave è quella delle celebrazioni del Haj in Arabia Saudita, in gennaio. Qui i fondamentalisti islamici provenienti dalla Danimarca «si sono incontrati con molti personaggi pericolosi, Al Qaida in Arabia Saudita è una forza potente e capace di influenzare l’élite di governo». Il riferimento al network terroristico di Osama Bin Laden non è affatto casuale. Lo sceicco viene citato direttamente nel rapporto: «Lungo il confine afgano-pachistano Osama Bin Laden sta seguendo gli eventi con orgoglio. Il grande leader ha potuto dare un esempio concreto di quello che può essere fatto quando i fondamentalisti lo ritengono necessario». Si tratta di un’accelerazione improvvisa e imprevista anche dai più ottimisti tra i capi di Al Qaida. Mesi fa il National Intelligence Council, il pensatoio della Cia, aveva dipinto un quadro in cui i terroristi islamici perseguivano il Grande Califfato, la grande nazione islamica senza confini, i moderati piegati dai radicali. Ma si trattava di quelli che in gergo si chiamano fictional scenarios. Quella finzione ora rischia di divenire anzitempo realtà: «I recenti eventi sono stati il sogno di Al Qaida per lungo tempo, una rivolta islamica contro gli infedeli cristiani in Occidente, l’Islam moderato e gli Stati islamici moderati costretti a venire incontro ai desideri dei fondamentalisti».
L’Europa è il ventre molle da colpire. È a Londra che si sono potuti vedere cartelli di protesta con messaggi di morte: Kill those who insult Islam, uccidere chi insulta l’Islam. E sempre a Londra si è visto un manifestante vestito come un kamikaze. Nel cuore di Londra, una capitale europea, dove solo sei mesi prima quattro fondamentalisti musulmani hanno compiuto un attentato suicida che ha ucciso decine di civili e ne ha ferito altre centinaia. Una provocazione non spontanea che ha il fine di scioccare la società britannica, imbarazzare il governo e dare una dimostrazione di forza.

La conclusione è lapidaria: «Il cuore di questo sistema di comunicazione, il network di questa strategia della menzogna è in Europa. L’ironia brutale è che la tolleranza europea ha nutrito l’intolleranza e che il nostro amato politicamente corretto ha favorito il brutale fanatismo».
e Mario Sechi

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