Si rivela un bluff l’ostruzionismo dell’opposizione

Paolo Armaroli

L’ostruzionismo dell’opposizione continua. Ma continua come la guerra del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Un fuoco fatuo e nulla più. Certo, gli alti papaveri dell’Unione fanno la faccia feroce e minacciano sfracelli. Ma il loro è soltanto un bluff che ora dopo ora si affloscia miseramente. La verità è che il centrosinistra sta giocando la partita alla Camera sulla riforma elettorale come se avesse in mano un poker d’assi o una scala reale. E invece non ha altro che un due di briscola. Intendiamoci, i Fassino, i Violante, i Rutelli e compagnia cantante stanno tentando il tutto per tutto. Ma il regolamento di Montecitorio non è più permissivo come una volta. E, ironia del destino, l’opposizione altro non può fare che rivolgere l’indice accusatore nei confronti di Violante. Sì, perché quando era presidente della Camera fu proprio lui a volere fortissimamente regole del gioco tali da affermare quella che definì con espressione forse poco felice «democrazia decidente».
L’opposizione confidava soprattutto nel voto segreto previsto per le leggi elettorali dal regolamento di Montecitorio. Ma quest’arma si è rivelata spuntata. Difatti la maggioranza ha fatto quadrato e si è registrato un notevole scarto di voti tra le due coalizioni sul piede di guerra. A differenza degli chassepots di Napoleone III, insomma, i franchi tiratori non hanno fatto miracoli per la semplice ragione che non si sono manifestati. Il centrosinistra, che si attacca a tutto, ha inveito poi contro il ministro Calderoli. Con una battuta francamente poco felice, aveva avanzato il sospetto che le votazioni segrete tanto segrete non fossero. Perché chi sta dietro le macchine di votazione saprebbe come vota ogni deputato. Ma questa affermazione del ministro leghista, volta probabilmente a intimorire chi avesse l’intenzione di fare scherzi da prete, è stata smentita sonoramente dal presidente Casini. Appellandosi al suo predecessore, ha dichiarato che la segretezza del voto è garantita al 101 per cento.
D’altra parte la discussione sulle linee generali della riforma elettorale si è conclusa il 29 settembre. E così a ottobre è scattato il contingentamento dei tempi. Perciò l’opposizione ha solo una manciata di ore per discutere il provvedimento. Dopo di che non potrebbe più aprire bocca. A riprova di quanto siano ingiuste le critiche del centrosinistra nei confronti del presidente della Camera, va sottolineato il fatto che Casini ha avuto sempre un occhio di riguardo per l’opposizione. Anche stavolta il dibattito sarà più ampio di quanto previsto. E, a dispetto del disposto regolamentare, sono posti in votazione molti più emendamenti di quelli indicati come essenziali.
In effetti, l’opposizione ha spazi di manovra ridotti. Non le rimangono che le eccezioni al processo verbale e i richiami al regolamento e sull’ordine dei lavori. Ha richiesto pure la convocazione della Giunta per il regolamento. Che, riunita da Casini per pura cortesia, si è espressa a favore della piena regolarità delle votazioni. In caso contrario, si sarebbe dovuto votare con le palline bianche e nere. E allora sì che le cose sarebbero andate avanti per settimane. A questo punto il centrosinistra, per allungare il brodo, non può sperare che nella mancanza del numero legale assentandosi dall’aula al momento del voto. In passato, tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama, gli è andata bene. Ma adesso ha fatto male i conti. Malaticci nelle file della maggioranza non ce ne sono più.

Tutti dimostrano sana e robusta costituzione fisica. Perciò, se il diavolo non ci metterà la coda, la riforma elettorale verrà licenziata per il Senato quanto prima. È il bello della democrazia decidente cara a Violante.
paoloarmaroli@tin.it

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