Lorrore è lo stesso di trentanni fa. Quando, pochi minuti prima delle otto, tre militanti di Prima linea spararono a un uomo che aveva appena salutato la moglie e le due figlie. Enrico Pedenovi, avvocato, missino, consigliere in Provincia. Un uomo delle istituzioni, ammazzato sotto casa da un commando che voleva punirlo di chissà che cosa. «Hanno scelto il bersaglio più facile», titolava il Corriere il giorno dopo, ricordando come Pedenovi appartenesse allala più moderata del partito». E come «non avesse mai ricevuto minacce dirette, anche se il suo nome e la sua foto erano stati pubblicati in un fascicolo dellultrasinistra intitolato Pagherete tutto». Era un cuore nero, uno dei tanti raccontati da Luca Telese. Uno di quelli finiti sul selciato ammazzati dalle pallottole o dalle spranghe. Eppure gli inquilini del palazzo non hanno voluto la sua targa sul muro. Una cosa semplice. Il nome e poco più, lì dove cadde. Troppo per gli inquilini di viale Lombardia 65 e 67 (fra cui un circolo Arci), uno stabile per giunta di proprietà del Comune. Palazzo Marino ha deciso di evitare lo scontro. E allora Pedenovi sarà ricordato davanti al 66. Ma non sul muro. Perché lì è un privato ad aver detto no. Lappuntamento è per oggi pomeriggio alle 17.
Il vicesindaco Riccardo De Corato, che Pedenovi lo conosceva bene, scoprirà una targa in cima a un palo. Staccata dal muro. Come a Padova per i missini Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci trucidati dalle allora «sedicenti Brigate Rosse». Perché nemmeno trentanni dopo i morti sono tutti uguali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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