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"Siamo nella media europea ma paghiamo i troppi no"

L'Italia è in linea con l'Europa, seppure con grosse differenze tra Nord e Sud. Ma sui rifiuti, che possono diventare una ricchezza, si può fare di più

"Siamo nella media europea ma paghiamo i troppi no"

L'Italia è in linea con l'Europa, seppure con grosse differenze tra Nord e Sud. Ma sui rifiuti, che possono diventare una ricchezza, si può fare di più. Francesca Mazzarella, direttrice della Fondazione Utilitatis, ha curato la stesura del Green Book 2022 sull'economica circolare e sulla gestione dei rifiuti urbani.

Come si posiziona la Penisola nel panorama europeo?

«Siamo nella media. Le faccio un esempio: la percentuale di riciclo è, nel Vecchio Continente, mediamente pari al 47%; l'Italia è tra il 48% e il 54%. Un altro importante parametro a cui guardare è quello del conferimento in discarica. Nel 2035 non si potrà superare il 10%; attualmente l'Italia è al 20%, la media europea è al 23%. Siamo dunque in linea e ben posizionati. E abbiamo anche una particolarità: in Italia c'è una autorità di regolazione indipendente del settore, l'Arera (l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), che è un unicum visto che in Europa non sono molti ad avere qualcosa del genere».

Restano le differenze Nord-Sud.

«Vero. Nelle regioni del Centro e del Sud mancano gli impianti, non si riescono a trattare tutti i rifiuti che si producono e questi, con una specie di migrazione vanno verso le regioni del Nord, in particolare in Veneto e Lombardia, dove invece si osserva la situazione inversa, ovvero i quantitativi di rifiuti trattati sono superiore a quelli raccolti. Tuttavia lo spostamento di rifiuti tra regioni non è neutro ma ha conseguenze pesanti in termini economici: c'è il costo aggiuntivo del trasporto. A questo si aggiunge un costo ambientale che paga tutto il Paese perché il trasporto è inquinante».

La spaccatura ha anche delle conseguenze dirette sulle tasche dei cittadini

«Certo, perché l'aumento di costo si ripercuote sia sulla spesa delle famiglie, sia sul livello degli oneri a carico delle utenze commerciali delle regioni interessate. Dal 2014 al 2021 si nota in modo stabile e costante che in Italia centrale e meridionale i costi sono più elevati rispetto alla media nazionale. Un altro aspetto rilevante della situazione italiana è l'elevata frammentazione, sia orizzontale che verticale, della governance dell'assetto gestionale del settore. Nella Penisola abbiamo oltre 7mila gestori, un numero davvero elevato».

Le cose da fare quali sono?

«Per superare il deficit impiantistico servirebbe completare la chiusura del ciclo di recupero. E poi bisognerebbe valorizzare l'Arera, entrata in piena operatività nel 2018, che rappresenta una opportunità per il settore perché l'attività regolatoria può tracciare una strada per fornire un servizio di maggiore qualità e anche più omogeneo sul territorio nazionale. Questo, almeno, è quello che ci si aspetta e a cui abbiamo assistito nel settore dell'acqua, dove la regolazione è iniziata ben prima, nel 2012.

Qui l'Arera ha avuto un ruolo importante nel migliorare la qualità del servizio, nel dare incentivi agli investimenti sul settore e per il superamento della frammentazione gestionale».

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