«Siamo sempre in guerra» Obama spende più di Bush per Irak e Afghanistan

«Siamo sempre in guerra» Obama spende più di Bush per Irak e Afghanistan

Facce sorridenti al Pentagono, volti bui alla Nasa. Questo l’effetto delle decisioni sul bilancio 2011 della Casa Bianca che, come promesso, non ha toccato gli stanziamenti per la difesa, ma ha colpito duramente l’agenzia spaziale. La finanziaria prevede anche un aumento di tasse per i cittadini più ricchi.
Gli Stati Uniti sono un Paese in guerra e quindi Barack Obama non ha potuto tagliare la difesa. Pertanto il bilancio ordinario del Pentagono si attesa a 549 miliardi di dollari, con un aumento reale del 2%, al netto dell’inflazione. Rispetto ai bilanci dell’era Bush rallenta un poco il ritmo di crescita, ma di tagli proprio non c’è l’ombra. Piuttosto c’è un riorientamento delle spese, secondo i desiderata del segretario alla Difesa Robert Gates, che vuole spendere in modo diverso, tenendo soprattutto conto dei conflitti in corso e non di minacce remote.
Le scelte di politica di difesa a medio termine sono descritte nell’attesa Quadriennal Defense Review (QDR), un tomo di poco più di un centinaio di pagine, attesissimo dai militari come dal complesso industriale, ma che in fondo non contiene vere sorprese. Al di là di sancire l’abbandono della precedente politica, che chiedeva alle Forze armate di prepararsi a combattere simultaneamente due conflitti regionali, sostituendola con la capacità di fronteggiare una miriade di conflitti minori e crisi in ogni parte del mondo.
Il presidente Obama non è riuscito neanche a diminuire la «spesa di guerra», lo stanziamento addizionale destinato a pagare i costi dei conflitti in Irak e in Afghanistan e della lotta al terrorismo. Nei sogni dei democratici già nel 2011 la spesa per i conflitti avrebbe dovuto essere ridimensionata in misura sostanziale, grazie al ritiro dall’Irak. Ma sta accadendo il contrario: se lo scorso anno il Pentagono aveva chiesto 130 miliardi di dollari per il 2010 e una tranche iniziale di 50 miliardi per il 2011, adesso la spesa per l’anno in corso viene portata a 163 miliardi di dollari e quella per il 2011 a 159 miliardi. Con il potenziamento dello sforzo in Afghanistan e il lento ritiro da Bagdad e dintorni non avrebbe potuto essere altrimenti.
Il nuovo bilancio e la QDR determinano però vincitori e vinti nel sistema della difesa. A «vincere» sono sicuramente i «mangia serpenti» delle forze speciali, impegnatissimi su ogni fronte, che vedono aumentare i ranghi e le risorse finanziarie. Se la cavano bene anche i marine e l’esercito, i quali sopportano gran parte del peso dei conflitti in corso. Vengono parzialmente ridimensionati i programmi per la difesa antimissile, ma poi neanche troppo.
I programmi navali sono invece rivisti, alcuni sono semplicemente cancellati, come quello per un nuovo incrociatore o per un aereo da spionaggio elettronico. Quanto all’aeronautica, il suo programma più importante, quello per il caccia invisibile F-35, sarà ristrutturato, ma prosegue. E ci sono soldi per studiare un nuovo superbombardiere, nonché un missile da crociera a grande autonomia, armi concepite per colpire senza preavviso ovunque nel mondo. Gates vuole che il Pentagono spenda di più in aerei senza pilota per la sorveglianza e le 37 «orbite» attuali, nelle quali vola in continuazione uno di questi aerei-robot, diventeranno 65 entro il 2015. Dunque, per le forze armate e per le industrie aerospaziale e della difesa la «rivoluzione» di Obama si rivela molto meno feroce di quanto non si fosse temuto.
Le cose vanno diversamente per la Nasa. L’incremento dei fondi complessivi di sei miliardi di dollari in cinque anni è solo un contentino, così come la decisione di prolungare di cinque anni il sostegno per la stazione spaziale internazionale in orbita intorno alla Terra. In realtà la Commissione Agustine questa estate aveva detto che sarebbero serviti tre miliardi di dollari in più ogni anno per mandare l’uomo nello spazio più lontano. Ma tutti gli ambiziosi programmi messi in cantiere da George W. Bush per costruire una presenza permanente sulla Luna e poi puntare a portare l’uomo su Marte sono annullati.

I programmi per i vettori spaziali Ares e Constellation saranno fermati, dopo aver già investito sei miliardi di dollari. Molto più prosaicamente si spenderanno soldi per rendere gli attuali vettori spaziali abbastanza sicuri per lanciare capsule con astronauti e realizzare spazioplani riutilizzabili.

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