Un po' è la fronda interna al Pd, che sin dall'inizio dell'alleanza col governatore di Sicilia indagato per collusioni mafiose tuona contro i vertici regionali del partito. Un po' è il comportamento dello stesso Raffaele Lombardo, che gioca a smarcarsi dagli alleati della sinistra dando il via libera a propri uomini per caselle importanti, quale quella del futuro sindaco di Palermo. E un po' forse è anche che è difficile amalgamare un presidente di Regione nato di centrodestra con forze che sono di colore opposto. Fatto sta comunque che tra la sinistra e il governatore Lombardo sono già scintille. Scintille che si traducono nella minaccia, neanche tanto velata, di lasciare il governo, portando l'isola di fatto, visto che Lombardo senza Pd non ha una maggioranza, alle elezioni anticipate.
A dissotterrare l'ascia di guerra accantonata per entrare qualche mese fa, al rimpasto numero quattro, dentro il governo ex di centrodestra guidato da Lombardo è il segretario regionale del Pd Giuseppe Lupo. Che sentito da Repubblica detta le condizioni per la permanenza dei democratici in giunta: «Se Raffaele Lombardo vuole ancora il nostro indispensabile sostegno all'Ars - detta legge il segretario - deve sbloccare il credito d'imposta per l'occupazione, deve avviare il tempo pieno nelle 600 scuole siciliane che toccano con mano il degrado sociale. E, ancora, deve applicare la legge sulla ristrutturazione delle case nei centri storici con i mutui a tassi agevolati e deve attivare per i meno abbienti l'esenzione del ticket per le visite diagnostiche». Una vera e propria agenda programmatica. Se il governatore non rispetterà gli impegni il Pd si dice pronto a lasciare.
Il tutto mentre, sul capo del governatore, pende una mozione di sfiducia promossa da Pdl e Pid, ormai all'opposizione.
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