I piccoli Comuni siciliani non si toccano. Parola della Regione siciliana che, in virtù dello Statuto autonomistico, minaccia ricorso alla Corte costituzionale e annuncia che comunque, sopprimere i Comuni sotto i mille abitanti, sarebbe un'inezia, visto che in Sicilia si risparmierebbero appena 330 mila euro.
A illustrare la posizione della più «pesante» delle Regioni a Statuto speciale, in commissione Bilancio del Senato, l'assessore regionale all'Economia Gaetano Armao: «Giova ricordare - ha detto nella sua relazione - che la Regione siciliana ha potestà legislativa primaria in materia di autonomie locali (articoli. 14, lett. o, e 15 dello Statuto), sicché ogni determinazione in materia di Comuni e Province non può che spettare alla sua competenza esclusiva legislativa. Appare evidentemente apprezzabile lo sforzo del Governo nazionale di contenere il fenomeno della polverizzazione di Comuni, concentrato soprattutto in alcune aree del Paese, e di realizzare la eliminazione delle province minori. Ma se nel primo caso, in Sicilia si rinvengono solo 31 comuni che hanno meno di 1000 abitanti (si è calcolato che il risparmio, tra il venir meno di Consigli comunali e Giunte si aggirerebbe attorno a 330.000 euro annui), nel secondo caso, ai sensi dell'art. 15 dello Statuto, la Regione ha già manifestato l'intendimento di procedere in sede legislativa alla soppressione di tutte e 9 le Province regionali (mai incrementate dall'entrata in vigore dello Statuto) con il contemporaneo trasferimento delle funzioni di area vasta ai liberi consorzi di comuni, provvedendo altresì a varare definitivamente le aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina.
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