Diego Pistacchi
Che strane, le donne di Genova. «Portano le gonne strette», magari «ridono fra i denti», le canta Francesco Baccini. E invece fanno le rapinatrici di banca, le ladre gentildonne, ora anche le incendiarie. Almeno secondo le cronache, che negli ultimi dieci giorni hanno riservato sempre storie di «nera» tutte in rosa. Con tre denunce a piede libero per altrettante signore che, a vederle così, perfettine nel look e nei modi, proprio non avevano laria delle delinquenti.
Lultima è arrivata ieri, ancora da una caserma dei carabinieri. Sono i militari della compagnia Portoria, stavolta, a strabuzzare gli occhi, quando capiscono che non devono dare la caccia a un incendiario che dà fuoco ai bar per conto del racket. Ma che dovranno convocare per chiarimenti una signora di 56 anni, tutta rossetto e capelli freschi di messinpiega. Mossa solo dal desiderio di vendicarsi per tutti quei biglietti da cento euro persi ogni giorno con le terribili macchinette del videopoker. È proprio lei quella che hanno visto fuggire i testimoni dopo lultimo attentato a un bar del centro. Le fiamme potevano fare danni grossi, in una gelateria-yogurteria di via San Vincenzo. Per fortuna si erano limitate a danneggiare la vetrina e qualche arredo. Quattro o cinquemila euro per le riparazioni, secondo la stima dei titolari del locale, stupiti per quel gesto senza un perché. La loro non era una prevedibile reticenza di fronte gli inquirenti: minacce o richieste di «pizzo» non ne avevano davvero mai ricevute. Quellincendio non poteva essere collegato a un tentivo di estorsione, anche se le modalità consegnavano ai carabinieri proprio quella come la pista privilegiata.
Anche perché alla compagnia di Portoria conoscevano molto bene lindagine già avviata dai colleghi «vicini» di San Martino. Loro, di bar attaccati in piena notte dallanonimo piromane ne avevano addirittura quattro a Marassi e San Fruttuoso. Tutti blitz in fotocopia: serranda scardinata, vetrina spaccata, straccio imbevuto di alcol buttato nel locale per far prendere fuoco a sedie e banconi o a quel che poteva bruciare. Gli uomini del maggiore Michele De Pasqua però hanno lavorato sullidentikit tracciato a grandi linee dai testimoni di via San Vincenzo, che la notte dellultimo incendio avevano visto una donna allontanarsi di corsa dal locale. Negli archivi, poi, hanno trovato la risposta giusta. Tra le tante fotografie di «vecchie conoscenze» ce nera anche una che poteva combaciare con la descrizione fatta dai passanti. E anche con le immagini che le telecamere esterne di alcune banche avevano fornito agli inquirenti.
Così i carabinieri hanno riconvocato i testimoni. Hanno mostrato loro le foto segnaletiche della cinquantaseienne diventata improvvisamente la sospettata numero uno. E hanno avuto le risposte che si aspettavano. Vista in foto sì, era proprio lei la donna che fuggiva in via San Vincenzo. Non restava che convocarla in caserma. Anche perché la sua fedina penale non era immacolata, si manteneva bene, con vestiti e cura della persona degni di una gran signora, ma risultava sempre nullafacente. E i soldi doveva pur trovarli da qualche parte, anche se i precedenti per cui era nota si riferivano a reati di tuttaltro genere. Spaccio, furti. Ma estorsioni no, mai. E anche questa volta, la «signora molotov» non voleva chiedere il pizzo per sé o per altri. «Volevo solo vendicarmi - ha confessato subito davanti al maggiore De Pasqua e ai carabinieri del nucleo operativo di Portoria -. Volevo vendicarmi dei bar in cui perdevo al videopoker». Somme forti, anche cento euro al giorno, per sua stessa ammissione. Somme che, secondo lei, perdeva per colpa dei gestori. Che, come accadeva fino a qualche anno fa, potevano in alcuni casi intervenire illegalmente sullesito delle giocate.
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