Silvio decapita la burocrazia

Con Tremonti, il premier vuole sospendere le leggi che bloccano e strozzano la libertà di impresa Industria, artigianato e commercio potranno operare senza permessi e vincoli burocratici

Alberto Zamperla costruisce giostre. Ha appena rimesso in piedi il luna park di Coney Island, a New York. L’ha realizzato in cento giorni. Imelde Cavalleri vende i mini abiti di Pinco Pallino in giro per il mondo. Ma, dice, «in Italia ho difficoltà a trovare giovani che vogliano usare la macchina da cucire». È costretta dunque a produrre in parte all’estero. Poco più avanti nel Giornale leggerete le loro interviste complete. Alessandro Spada è amministratore delegato di Vrv Group, una bella azienda milanese che produce apparecchiature a pressione per l’industria chimica. È appena tornato da un viaggio in Corea e Cina alla ricerca di nuovi clienti. E ci ha confidato di come il premier coreano abbia in poco tempo creato un ambiente talmente favorevole alle imprese, da renderle più competitive di circa il 20 per cento.
Queste imprese hanno fatto scattare il nostro Pil, con una forza doppia rispetto al resto dell’Europa. Si tratta di tre medie aziende con fatturato che non supera i cento milioni e che allo Stato non chiedono un accidente. Pagano le loro imposte. Mantengono, per quanto possono, la produzione in Italia e si agitano alla ricerca continua di nuovi clienti globali. Producono beni e servizi di fascia alta: con una certa specializzazione produttiva e una forte componente di know how. Sì, anche per fare una giostra o un pigiamino, occorre il saper fare. Quando si imbattono all’Expo di Shanghai nel nostro padiglione, pensano subito ai soldi pubblici buttati per mettere quattro oggetti del made in Italy alla rinfusa, senza alcuna idea creativa. Quando salgono al primo piano del medesimo padiglione si chiedono con quale logica sia stato affidato alla sola Regione Marche un ben fatto quartierino. Insomma i nostri amici imprenditori sopportano questo e quello. Sopportano pure una tassazione da rapina. Accettano un costo del lavoro proibitivo e una rappresentanza sindacale (sia da parte dei lavoratori sia dalla loro parte datoriale) modellata più su Di Vittorio che su Steve Jobs.
La virtù di un imprenditore oggi in Italia non risiede tanto nella sua perseveranza, nella sua dedizione, nella sua creatività, nelle sue intuizioni, nella sua capacità commerciale. La virtù indispensabile, a un imprenditore che voglia resistere, è la pazienza. Si sveglia alla mattina e sa che per mezza giornata lavorerà per dare i soldi allo Stato, per un altro quarto di giornata dovrà rispondere alle scartoffie burocratiche e per quel che resta farà affari, cioè la sua unica ragione di vita.
Giulio Tremonti suona dunque il tasto giusto quando annuncia una misura straordinaria «per la libertà di impresa» che, attraverso la modifica dell’articolo 41 della Costituzione, porti alla «sospensione di 2-3 anni» delle autorizzazioni per le piccole e medie imprese. È musica dolce per le orecchie dei nostri imprenditori. Diciamo che può rappresentare uno scambio.

Da una parte digeriscono quell’assurdo giuridico del redditometro (grande pensata dei funzionari delle entrate) per cui uscire dai parametri renderà il contribuente presunto colpevole con l’onere della prova a suo carico. Dall’altra si portano a casa un principio sacrosanto e opposto, enunciato ieri da Tremonti, per cui si «renda possibile tutto ciò che non è proibito». I nostri sono ancora pazienti. Ma diamo loro una speranza.

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