Il Cavaliere perde, così come il governo, ma gli altri non guadagnano nulla, anzi cè chi, come lUdc, cala di due punti. I sondaggi sulla fiducia fotografano lumore degli italiani e li raccontano stanchi, disillusi, lontani dalla politica, dal voto, dalla cosa pubblica. Quasi a dire: chi se ne frega. Il pasticciaccio delle liste suscita una scrollata di spalla, una polemica sterile, con un Paese che si interroga su come arrivare a domani e sopporta male le chiacchiere su ricorsi, tribunali elettorali e gite in piazza. Noia e disinteresse.
Questi dati arrivano da Ipr Marketing e sono stati commissionati da Repubblica. Berlusconi, dicono, sta perdendo il due per cento dei consensi, scende a quota 44, mai così in basso. Ma che fine fanno i delusi? Questo è laspetto veramente interessante. Non votano, si tirano fuori dal gioco, non partecipano. Non si fidano più del premier, ma non sperano nei suoi avversari. Non credono in Di Pietro. Non credono nel Pd. Non credono più in nulla. È come se Berlusconi fosse, anche nei momenti bui, lultima occasione per andare avanti, per affidarsi a qualcuno. Berlusconi è lunico che la maggioranza degli italiani riesce a vedere come un leader. Se fallisce lui, se anche luomo del fare si perde nei guazzabugli delle scartoffie, allora non rimane che il disinteresse. Grazie: non voto. Tanto non cambia, tanto sono tutti uguali, tanto si accapigliano per quattro carte. Nei discorsi di questi giorni, nei decreti e nelle accuse di golpe, nei panini fuori fila e nelle prediche dei radicali, impeachment e Quirinale troppa gente vede solo liti tra vecchie comari, chiacchiere, tempo perso, confusione. Non è quello che si aspettano da una classe politica. Non si lasciano incantare dai discorsi da bar e i proverbi molisani del sor Tonino. Guardano Bersani e vedono un uomo che si barcamena in affari più grandi di lui. Non hanno mai seguito le elucubrazioni filosofiche di Pannella. Non si fidano di Fini o di DAlema. Non capiscono che cavolo di lavoro fanno quelli del popolo viola, visto che passano le loro giornate in piazza. Sono semplicemente disgustati da tutto questo. È qualunquismo? Forse, ma segna un disagio e uno strappo che non si può ignorare. Il 58 per cento degli italiani si dichiara sfiduciato e pensa di non votare. Il partito degli astenuti non era mai stato così numeroso. È una maggioranza schiacciante. E segna la crisi della classe dirigente italiana.
Il paradosso è tutto qui. Berlusconi, loutsider, quello che è sceso in campo nel 94 come unanomalia, il campione dellantipolitica, è ancora lultima speranza della politica. Ancora di più quando calano i consensi. Dopo di lui cè solo il non voto. I suoi avversari e molti amici non hanno capito che la grande capacità del Cavaliere di intercettare consensi ha nascosto per anni la ferita che separa gli italiani da chi li governa. Berlusconi ha riportato nella democrazia tutti i cittadini in fuga dalla politica. Quei voti non rientreranno in circolo. Non verranno ereditati. Non andranno dallaltra parte. Sono voti persi. Sono voti di Berlusconi e di nessun altro. Sono voti di un ceto medio che scivola sempre più in basso, quelli di artigiani e commercianti che vedono nello Stato solo una banda di predoni, quelli di chi ha un mutuo e pensa che la finanza abbia generato questa crisi senza pagare dazio, quelli degli imprenditori che hanno bisogno di soldi per mandare avanti lazienda e passano i giorni a discutere con distinti signori che, alla fine dei conti, non ascoltano ma pensano soltanto ai propri interessi.
Questa gente non scende in piazza, non la vedi da Santoro, è invisibile e non ha voce, ma è maledettamente stanca.
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