«Sims», quando la vita è solo un gioco

da Milano

È stato definito un grande esperimento di sociologia collettiva. Ma solo è forse una vita non vissuta. The Sims 2 è il videogame che più di ogni altro sogna di fare concorrenza all’uomo, perché è la sua simulazione, il suo simulacro. Ed è per questo che alcuni predicatori l’hanno definito una follia. Cosa ci può essere in fondo di più estremo di simulare la vita, interpretare giorno e notte un altro se stesso in un mondo virtuale, dove in fin dei conti vivi le stesse giornata della tua vita normale: ti svegli, mangi, vai a lavorare, cerchi di guadagnarti i soldi, fai l’amore, ti perdi, ti lasci, ti ritrovi, dormi, sogni e alla fine muori. I personaggi del videogame hanno anche il loro corredo genetico e i figli nascono in base alle combinazioni di Dna dei loro genitori. Ecco The Sims 2 è la replica della tua vita, e non è detto che vada allo stesso modo. L’idea può sembrare allucinante, ma è tutta qui: tu accendi il computer per fare ciò che stai già facendo, vivere. Sembra banale, ma non lo è: perché in fin dei conti uno dei sogni dell’uomo è avere un alter ego che viva ciò che l’originale non è capace di vivere. Ed in fondo è la vecchia storia narrata da Robert Stevenson in Il Dottor Jekyll e Mister Hyde. L’ultima puntata del «simulatore di vita quotidiana» è arrivato da poco sul mercato. Si chiama The Sims Nightlife, prodotto dalla Electronic Arts, e simula appunto il mondo della notte. Gli umani virtuali frequentano ristoranti, discoteche e club a caccia di divertimento e di avventure sessuali.

La saga completa di The Sims, iniziata cinque anni fa, rappresenta il videogame per personal computer più venduto al mondo: 45 milioni di copie. Il gioco è stato tradotto in 17 lingue. Alphaville, la città virtuale dei Sims, è la più popolosa al mondo.

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