Il sindaco di Bologna indagato anche per truffa

nostro inviato a Bologna

Per il sindaco Flavio Delbono è arrivata anche l’accusa di truffa aggravata. Quanti guai per quella storia d’amore finita male con la segretaria Cinzia Cracchi. E quante cose dovrà spiegare questa mattina durante l’interrogatorio per il quale è stato convocato in procura dai pm Morena Plazzi e Massimiliano Serpi. C’era il peculato, c’era l’abuso d’ufficio. Ora si aggiunge la truffa tra le ipotesi di reato legate all’uso di denaro pubblico (della Regione) per pagare le spesucce della compagna che lo accompagnava nelle missioni istituzionali all’estero.
All’esame dei magistrati ci sono sette viaggi in terre lontane, due in particolare, destinazione Messico, uno nel 2005 e l’altro nel 2007. La prima volta l’allora vicepresidente della regione Emilia Romagna e la sua assistente soggiornarono in un villaggio turistico (secondo il racconto fatto dalla Cracchi in procura), mentre la seconda trasferta ebbe un’appendice a Santo Domingo. Lui risultava in trasferta legata al suo incarico di governo, lei in ferie. Ma se lei era la sua segretaria, perché segnarsi in vacanza? Essendo invece ufficialmente in ferie, chi pagava le sue spese?
A questo si aggiunge il fatto che Delbono percepì le indennità di diaria anche per i giorni in cui era disteso sotto il sole dei tropici in gentile compagnia. La truffa contestata ha l’aggravante di essere stata compiuta ai danni di un ente pubblico da un pubblico ufficiale. Il sindaco dovrà chiarire anche la natura di ulteriori pagamenti all’apparenza personali - ma giustificati come spese di rappresentanza e saldati con la carta di credito della regione che aveva in uso - effettuati in altri cinque viaggi con Cinzia: Pechino, New York, Gerusalemme, Parigi, Praga. E poi sono da dissipare i misteri che avvolgono il bancomat avuto in prestito dall’amico Mirco Divani e girato all’amica: la tessera di una banca con operatività riservata ai professionisti della sanità. Divani era un prestanome? E chi alimentava davvero quel conto?
«Nulla di nuovo, l’accusa di truffa è il corollario logico delle accuse di peculato», dice il legale di Delbono, l’avvocato Paolo Trombetti. Il sindaco si mostra tranquillo, ieri si è fatto intervistare da «È tv», l’emittente bolognese meno vicina al centrosinistra: giacca scura, cravatta rossa, ha invitato i bolognesi a stare sereni e aver fiducia «nella giustizia e anche nel sindaco. Dopo aver parlato con i magistrati darò tutte le spiegazioni che i cittadini aspettano». A meno che i pm non gli chiedano di starsene zitto, come hanno fatto con la Cracchi e con Alfredo Cazzola, il candidato del centrodestra al ballottaggio che denunciò lo scandalo in campagna elettorale.
Oltre che per le inchieste, Delbono deve cominciare a preoccuparsi per la freddezza del Partito democratico. Le critiche del Pdl sono da mettere nel conto: ieri, presentando la propria candidatura a governatore, l’onorevole Giancarlo Mazzuca (ex direttore del Resto del Carlino) ha osservato che «questi signori si potevano consentire tutto perché nessuno li controllava», e si riferiva al fatto che in un primo momento i pm volevano archiviare il fascicolo, come è stato fatto con moltissimi esposti depositati dalle minoranze in procura negli anni scorsi.
Ma le frecce più amare per Delbono piovono dalla sua parte, sia pure ammantate da una vicinanza formale. Vasco Errani, il governatore in difficoltà dopo le polemiche sul fratello (la cui coop fu finanziata dalla regione con modalità discutibili) e ora sul suo ex numero due, ha scelto una blanda difesa del sindaco: «È giusto che informi la città, i cittadini devono conoscere i fatti e giudicare rispetto a essi».
Meno guardinga è Monica Donini, presidente del consiglio regionale: «Vorrei che i processi si celebrassero nelle aule di giustizia. E se dall’istruttoria giudiziaria emergono questioni concretamente dimostrate, chi si è reso colpevole di un comportamento sbagliato deve indubbiamente pagare. E deve risarcire non soltanto il danno economico, ma deve tener conto che l’effetto va oltre la dimensione privata. È una cosa che mi riempie di angoscia e tristezza».

Ancora più afflitta è l’onorevole Sandra Zampa, portavoce di Romano Prodi: «Conto che il sindaco possa fare chiarezza. Poi però dovrà farsi perdonare dalla città una storia non bella sotto il profilo umano». E su internet si moltiplicano le iniziative per Maurizio Cevenini sindaco.

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