Una «sinfonia celestiale», un «sublime inno a Dio» composto da Leonardo da Vinci e nascosto tra le pieghe della tovaglia dell’Ultima cena. Note di una musica segreta rimaste sempre criptate, ma ora pronte per essere ascoltate dal mondo. Un componimento scoperto e decifrato da Gian Mario Pala e Loredana Mazzarella (marito e moglie) che vivono a Ozieri, in provincia di Sassari, ai quali il quotidiano L’Unione Sarda ha dedicato una Pasqua con tanto di sorpresa in prima pagina: «Segreti di un genio: Ultima cena con melodia dedicata a Dio»; e poi: «Mai nessuno ci aveva visto così bene. Ma l'impresa è riuscita a una coppia di Ozieri che, nella celeberrima Ultima cena di Leonardo, ha scoperto un inno mimetizzato nell'affresco». Una bella storia, quella dei coniugi Pala.
Prima di conoscersi Gian Mario e Loredana erano uniti da un filo misterioso: il filo di un pentagramma che entrambi «seguivano» senza sapere dove li avrebbe condotti. Lui, informatico col pallino della musica, e lei, esperta d’arte, erano da sempre ipnotizzati dall’Ultima cena di Leonardo da Vinci. «Abbiamo guardato per ore quel capolavoro ognuno per proprio conto quando ancora non ci conoscevamo - spiegano - poi abbiamo continuato a fissarla insieme da fidanzati e sposi arrivando finalmente a "vedere" con gli occhi e a "sentire" con le orecchie quanto finora avevamo avvertito solo con l’anima».
Una scoperta, quella dell’affiatata «ditta Pala&Mazzarella», che potrebbe far dire a Dan Brown, in un moto di stizza: «Potevo pensarci prima io... ». Invece Gian Mario e Loredana l’hanno preceduto alla grande scoprendo ciò a cui non era arrivata neppure l’immaginazione visionaria dello scrittore del Codice da Vinci. Il più grande genio del Rinascimento avrebbe celato infatti una composizione musicale in uno dei suoi più famosi dipinti, il Cenacolo, con tanto di sequenza di lettere antiche, scritte come d'uso da Leonardo da sinistra verso destra. Uno «straordinario testo sacro», frutto di una ricerca durata quattro anni e iniziata quasi per caso, dopo aver appreso da un antico testo che «il Cenacolo poteva contenere una composizione».
Ma in cosa consiste, esattamente, la scoperta? I coniugi Pala dicono di aver individuato nella tovaglia rappresentata nel dipinto «un pentagramma che, ribaltato sui personaggi presenti, Gesù e i discepoli, restituisce miracolosamente un rigo musicale, una partitura».
«La musica è stata poi sintetizzata simulando con un computer un organo a canne ed è saltata fuori una sinfonia celestiale - raccontano i Gian Mario e Loredana - Basta ascoltarla per rendersi conto che si possa trattare, plausibilmente, di un inno a Dio. L'adagio è, infatti, solenne, austero, dà i brividi». Si dice che i signori Pala abbiano deciso di rivelare la notizia solo dopo aver depositato i diritti alla Siae e presso un notaio; non solo, uno studio legale romano sarebbe già al lavoro per vagliare diverse offerte per la pubblicazione di un libro completo di cd. Proprio ieri l'avvocato ha confermato che «sono due le case editrici di livello nazionale che si sono fatte avanti e nel frattempo ci sono già contatti per la registrazione di un documentario».
Ma non è tutto: unendo le note sull'ipotetico pentagramma con un tratto di penna, Gian Mario e Loredana avrebbero scoperto un testo sacro scritto in ebraico, sottoposto all'attenzione di padre Luigi Orlando, professore di Sacra scrittura nella Facoltà teologica pugliese di Bari e alla Pontificia università Antoniana di Roma.
«Anche la frase è un inno a Dio - spiega Gian Mario Pala - e conferma Cristo come redentore dell'umanità. Da quanto ho letto e mi è stato detto questo scritto pone in una altra luce la figura di Leonardo e il suo rapporto con la religione».
Secondo padre Orlando si tratta di lettere aramaiche, tutte consonanti e con un senso compiuto: «Il significato del testo contestualizzato nell'Ultima cena si presta a molteplici spiegazioni teologiche che per ora lasciamo sospese in attesa di ulteriori riscontri». A cominciare dalla risposta a una singolare discrasia di carattere cronologico: quando infatti Leonardo dipinse l'opera, tra il 1494 e il 1498, il pentagramma non esisteva ancora. Com’è possibile quindi che le note minime e semiminime che compongono l’inno apparissero stampate su una sorta di unità di misura grafico-musicale non ancora inventata? Fin troppo facile la risposta: «Leonardo da Vinci è sempre stato avanti su tutto e tutti, figuriamoci su una banalità come il pentagramma... ».
Musica per le orecchie di Gian Mario e Loredana.
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