Politica

La sinistra dà l’assedio a Cofferati «Fermati, ormai sei un questore»

Il primo cittadino tace e smarca i cronisti in attesa. L’opposizione: «Ecco cosa accadrà se vincerà Prodi»

Claudia B. Solimei

da Bologna

Sul furgoncino da cui si prende la parola è ritratto il sindaco Sergio Cofferati a torso nudo alla guida di una ruspa e la scritta «Fermiamolo». Poi c’è uno striscione che recita: «Cofferati, dopo lo sgombero hai dormito bene? Noi no». Intorno, le bandiere di Rifondazione comunista e quelle dei Verdi. Il giorno dopo le ruspe inviate dal sindaco di Bologna a distruggere le baracche dei romeni clandestini, tra cui donne e bambini, lungo le sponde del fiume Reno, periferia ovest della città, in piazza Nettuno, proprio sotto le finestre del palazzo del Comune, più di 200 persone, portate dai partiti dell’ala sinistra dell’Unione, hanno gridato la loro rabbia nei confronti di una politica che non considerano nemmeno più di sinistra. Forse pochi, qualcuno fa notare. «Ma piove e poi è stato fatto tutto da un giorno all’altro» si giustificano gli organizzatori.
«Io l’ho votato - ammette invece Nina parlando di Cofferati - speravo di tornare a sognare con lui, a fare politica vera, invece ora...». «Lui sgombera perché pensa che i bolognesi per bene vogliono così - interviene l’amica, elettrice di Rifondazione - e forse ormai ha ragione. Ma se pensa di farci uscire dalla giunta, si sbaglia di grosso. Se vuole ci butti fuori lui». La stessa posizione, del resto, decisa dal partito insieme a Verdi e Comunisti italiani e ribadita anche ieri: «Voteremo contro in giunta e in Consiglio comunale alle cose che non ci convincono - dice Tiziano Loreti, segretario provinciale del partito di Bertinotti - e ci consideriamo autonomi rispetto al sindaco». Nel Prc, però, c’è anche chi va già oltre questa posizione: «Cofferati è ormai un sindaco-questore - ha dichiarato ieri Leonardo Masella, il capogruppo in Regione -, e Rifondazione è un alleato, ma non a tutti i costi. Se non ci sono i presupposti programmatici, il nostro ruolo è all’opposizione».
Ieri il Cinese ha taciuto, smarcandosi dai giornalisti che lo aspettavano fuori dal suo ufficio. Anche la vicesindaco della Margherita, Adriana Scaramuzzino, che non era stata informata sullo sgombero pur avendo la delega ai Servizi sociali, si è defilata. «Farò una verifica di metà mandato e deciderò se rimanere in politica o tornare alla magistratura» si è limitata a dire a proposito del suo futuro. Poi ha solo annunciato che è stata individuata un’area in città per accogliere gli altri romeni che devono ancora essere portati via dal Lungoreno. Saranno ospitati in alcuni container della Protezione civile. Ma allora perché, ci si chiede anche in Comune, non aspettare qualche giorno ed evitare di sollevare tutte queste polemiche? Il sindaco, però, sembra voler continuare per la sua strada solitaria, pur non facendo che attirare nuove critiche, come quelle del suo ex sindacato: «È un errore - sostiene la Cgil - gestire, come è avvenuto in questo caso, la riaffermazione della legalità separandola nei tempi e nei modi dalle politiche sociali». Poi il sindacato gli ha ricordato le promesse non mantenute: la costruzione di un albergo popolare, la mancanza di partecipazione.
A spulciare il programma presentato un anno e mezzo fa da Cofferati, del resto, non si fa fatica a trovare una lunga serie di affermazioni che oggi, stando a quello che accade, non trovano corrispondenza: nel capitolo intitolato «Bologna città accogliente, affettuosa e sicura», per esempio, il sindaco prometteva «politiche di inclusione e di accoglienza, soprattutto dei cittadini migranti, fondate sul riconoscimento della persona come portatrice di pari diritti e doveri e di opportunità di accesso ai servizi». E ancora assicurava il «superamento del Cpt di via Mattei» e definiva la legge Bossi-Fini «un contesto estremamente negativo per le politiche di accoglienza». Parole sostituite oggi dal tormentone sulla legalità. «Non possiamo tollerare un’iniziativa politica che tradisce il programma di questa amministrazione» ha ammesso la deputata bolognese del Prc, Titti De Simone. Invano, per il momento, si levano dal centrodestra appelli per tornare a occuparsi della città in modo serio.

Ma per qualcuno c’è anche una lezione di politica nazionale: «La giunta Cofferati - avverte il deputato di An Enzo Raisi, ex assessore di Guazzaloca - è lo specchio di quanto potrebbe accadere se a livello nazionale vincesse Prodi: litigi, solo litigi».

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