È l’ennesimo pasticcio all’italiana che alla fine penalizza i consumatori, ma c’è già chi ha preso la palla al balzo per usarlo come clava contro il governo.
Da qualche giorno i farmaci generici costano di più. Sono aumentati in media del 25% e i cittadini sono già molto arrabbiati. Questo costo aggiuntivo dovranno sopportarlo fino a quando le aziende produttrici non alzeranno bandiera bianca e si adegueranno al nuovo tariffario stabilito dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Ma non si tratta di un «ticket» voluto dal governo come hanno proclamato tempestivamente alcune regioni «rosse» (siamo in campagna elettorale). È piuttosto il risultato di una guerra fredda tra Aifa e aziende farmaceutiche che ricade sulla pelle dei cittadini.
Andiamo con ordine per capire come si è arrivati al paradosso di pagare di più anziché risparmiare quando acquistiamo un generico. Una legge dell’anno scorso ha deciso adeguare ai livelli europei i prezzi di 4.200 farmaci fuori brevetto e ha così fissato un tetto massimo di rimborso più basso di quello precedente. Una decisione sacrosanta, ma snobbata per oltre dodici mesi dalle aziende produttrici che non hanno ancora corretto al ribasso il listino dei prodotti. Così, con l’entrata in vigore delle nuove regole, i consumatori sono costretti a coprire la differenza tra il prezzo a carico del Servizio sanitario nazionale e quello indicato dal produttore. Con tanti saluti al risparmio per l’uso del generico.
Immediata la protesta di Roberto Messina di Federanziani che ha definito «un furto nei confronti di tutti i cittadini» la decisione adottata dalle farmacie italiane. «C’è gente che ha pagato le medicine fino al 40% in più e i malati oncologici hanno sborsato di tasca propria fino a 80-90 euro». Da qui la contromossa. Federanziani chiede alle Regioni e al governo di sospendere temporaneamente questo decreto fino a quando tutto non sarà regolarizzato, e invita i cittadini a conservare gli scontrini delle farmacie, per ottenere il rimborso dalle Regioni. Che però non hanno preso ancora una posizione comune. Solo il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha deciso di accollarsi i costi aggiuntivi dei farmaci. Ma più che un gesto di attenzione verso i cittadini, è diventato un modo per strumentalizzare la situazione e far propaganda. Ovviamente anti governo. «Il ticket a carico dei cittadini sui farmaci generici è un errore - ha dichiarato - e la Regione Toscana porrà rimedio a questa scelta dell’Aifa in applicazione di una legge sbagliata, che ancora una volta scarica sul soggetto più debole la difesa di interessi industriali e l’incapacità del legislatore di governare la situazione».
Il Veneto, invece, non se la prende con il «governo ladro» ma solleva la questione e ha già mosso gli «emissari». «Non esiste sia il cittadino a pagare - sottolinea l’assessore alla sanità Luca Coletto - stiamo studiando come superare questa situazione che è alquanto complessa e che certo non abbiamo creato noi». Ma tra le parti in causa è ancora maretta. L’Aifa è pronta a incontrare le parti per diminuire i disagi dei cittadini e in comunicato fa sapere che da giovedì «le aziende avranno per la maggior parte adeguato i loro prezzi al pubblico a quello di riferimento». Dall’altra parte, l’Assogenerici precisa che il riallineamento parziale è in atto, ma non si può «indicare né l’entità né una data precisa». Le aziende difendono la loro posizione sostenendo che in Italia non viene garantito un decoroso volume di vendita visto che si consumano pochi «generici». La gente preferisce pagare di più e comprarsi il farmaco «griffato» e solo il 10% sceglie quello meno costoso. Negli Usa, invece, la percentuale sale al 50% così come nel resto d’Europa.
Dunque, si tratta di incentivare anche nel nostro Paese il consumo dei generici, che costano di meno a parità di principio attivo e di efficacia. Una scommessa accettata dall’Aifa ma che va condivisa, per essere vincente, anche da medici e farmacisti.
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