«A sinistra gigantesco conflitto d’interessi»

«Per i sondaggi siamo sotto solo dell’1,3%, nonostante la stagnazione»

«A sinistra gigantesco conflitto d’interessi»

Adalberto Signore

da Roma

La vicenda Unipol «ha evidenziato un gigantesco conflitto d’interessi della sinistra che perdura da anni». Sono da poco passate le dieci di sera quando Silvio Berlusconi - in collegamento telefonico con Ballarò - torna sull’affaire Consorte ribadendo la sua accusa all’opposizione che sull’Opa su Bnl non si sarebbe limitata «a tifare dagli spalti». «Da parte di esponenti politici della sinistra - aggiunge il premier - avere rapporti con Generali mentre è in corso un’Opa non è solo disdicevole, è proibito dalla legge». «Generali - sottolinea - è parte in causa perché hanno l’8,7% di Bnl e, essendoci in corso l’offerta del gruppo spagnolo di Bilbao, questi incontri non avrebbero dovuto esserci». «Presidente, ma lei non ha mai incontrato Murdoch?», chiede il conduttore Giovanni Floris riferendosi alla querelle sui diritti tv del calcio. «Sciocchezze - replica deciso Berlusconi - perché quell’incontro non c’entra nulla con i diritti tv». E ancora: «Mentre sui miei rapporti con le aziende che ho fondato e che ho abbandonato quando sono entrato in politica è tutto chiaro e trasparente, nel caso dei Ds e delle cooperative è tutto oscuro, opaco e sotterraneo». La replica arriva dall’ex segretario dell’Udc Marco Follini che lo invita a «staccare la spina» e gli chiede perché abbia deciso di andare dai Pm. «Solo perché - risponde il premier - Fassino e Bertinotti mi avevano invitato, se ne avessi avuto il coraggio, ad andare dai giudici a ripetere quello che io dicevo di sapere. Era in gioco il mio nome, è una questione politica e morale». Berlusconi conclude il suo collegamento tornando sui sondaggi: «Nonostante la stagnazione, siamo sotto solo di 1,3%».
Berlusconi, dunque, torna alla carica su Unipol, deciso che si debba anche «far luce» su come sono stati utilizzati i fondi trovati sui conti di Consorte. Secondo il premier, infatti, la strategia della «fermezza» sta contribuendo a intercettare quella parte di elettorato moderato che fino a qualche tempo fa pensava di astenersi. Convinzione, questa, che Berlusconi aveva manifestato anche lunedì sera, durante la cena a Arcore con Umberto Bossi, i vertici della Lega (Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Giancarlo Giorgetti) e il titolare dell’Economia Giulio Tremonti.
A Villa San Martino, l’accoglienza che il premier ha riservato al Senatùr è stata, come al solito, affettuosissima. Con abbracci, pacche sulle spalle e l’invito a tenere duro con la riabilitazione, «perché migliori ogni giorno che passa». Così, quando il discorso è caduto sul caso Unipol e sulla scelta di Berlusconi di presentarsi in Procura, Bossi ha sfoderato una battuta delle sue: «Che hanno fatto, ti hanno chiesto le generalità?». E giù a ridere. Sul caso Consorte, però, la posizione della Lega è di grande cautela. E, sostanzialmente, rispecchia quanto detto sabato scorso da Maroni e Calderoli («dopo 15 anni che vive in un clima del genere comprendo il risentimento di Berlusconi, ma - aveva detto il ministro delle Riforme riferendosi alle critiche del premier ai Ds - non è che in politica si possa rispondere con queste forme»). Insomma, secondo il Carroccio la scelta di andare a testimoniare doveva essere forse ponderata un po’ di più e piuttosto che puntare sui rapporti Unipol-Ds bisognerebbe concentrarsi soprattutto sui programmi. È anche per questo che i vertici della Lega non hanno mai formalmente puntato il dito contro la Quercia, lasciando la querelle a una battente campagna della Padania. Strategia, questa, nella quale pesa ovviamente il caso Fiorani e i presunti rapporti tra l’ex numero uno della Bpi e alcuni esponenti della Lega (la Repubblica ha fatto i nomi di Bossi, Calderoli e Giorgetti che hanno risposto a suon di querele). Il Senatùr - l’ha ripetuto ai suoi la scorsa settimana - è infatti convinto che il Carroccio sia vittima di «una campagna mediatica» nella quale sono parte attiva alcune Procure. «La politica - è stato il suo ragionamento - non può chinare il capo e darla vinta alla magistratura».
Secondo Bossi, dunque, la campagna elettorale deve concentrarsi soprattutto «contro la sinistra» perché «il programma dell’Unione è indecente, basta leggerlo». «Stanno facendo così tanti errori - ha detto lunedì sera a Arcore - che la nostra campagna elettorale è già fatta: basta farli sbagliare». Una strategia seguita in buona parte anche da Forza Italia che ha già pronti una serie di cinque nuovi manifesti - senza il volto del premier - su cui campeggiano slogan anti-Unione («Più tasse sui tuoi risparmi? No, grazie»; «Più tasse sulla tua casa? No, grazie»; «Fermiamo le grandi opere? No, grazie»; «Immigrati clandestini a volontà? No, grazie»; «I no global al governo? No, grazie»).
Prima della conclusione della cena, a Villa San Martino si è anche parlato di sondaggi.

E tutti hanno concluso che «l’inversione di tendenza è un dato fondamentale e dimostra che la partita è tutta aperta». Ma Bossi - che sarà capolista della Lega in tutte le circoscrizioni - non ha dubbi: «Alla fine vinceremo noi».

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