Politica

Ma per la sinistra il popolo conta solo se vota No

Castagnetti (Ulivo): se passa il testo la correggeremo, se viene bocciato si cancella tutto

Paolo Bracalini

da Milano

Se vince il Sì, la sinistra metterà mano alla riforma per correggerla ed emendarla dalle innumerevoli lacune attribuite al centrodestra, anche se gli italiani l’avranno promossa con il referendum. «Se è possibile d’intesa con l’opposizione». Se è possibile. Se vince il No, invece, poiché la riforma «è un pasticcio» e anche il popolo l’avrà bocciata, per rispetto della volontà popolare si dovrà azzerare tutto e ripartire da capo. Se si ripartirà. Insomma in entrambi i casi, che vinca una o l’altra parte al referendum del 25-26 giugno, il centrosinistra è intenzionato a mettere i bastoni tra le ruote al processo di riforma della Costituzione avviato nella scorsa legislatura. La volontà popolare conterà qualcosa solo se corrisponderà alla volontà politica della maggioranza, in ogni caso già decisa a non far passare le modifiche della Cdl. Lo dice chiaramente il vicepresidente della Camera Pierluigi Castagnetti, ospite ieri sera dell’Antipatico di Maurizio Belpietro (Rete4). «Se passasse il sì - dice il deputato dell’Ulivo - cercheremmo sicuramente un’intesa, se è possibile, con l’opposizione per correggere». Tutto qui? No, perché «la verità è che non ci sono da fare piccole modifiche - dice Castagnetti -: noi proprio contestiamo l’impianto di questa riforma, quindi per noi devono essere proprio cancellati questo federalismo e questa forma di premierato». La stessa cosa aveva detto, sempre nel programma di Belpietro, il diessino Luciano Violante: «Comunque vada - dice Violante all’Antipatico - sia che prevalga il sì, sia che prevalga il no, bisogna mettere mano. Naturalmente in misura: se prevale il sì in misura ridotta, se prevale il no bisogna ricominciare a trattare tutti quanti i temi che sono in agenda».
Proprio Luciano Violante, come Giulio Tremonti nello schieramento opposto, è stato tra i promotori di un’iniziativa bipartisan per il dopo referendum. «Dovremmo approvare in aula un documento sulle riforme - ha detto intervistato dal direttore del Giornale - che indichi gli obiettivi prioritari e il modo per fare queste riforme». Dialogo tra i poli dopo il referendum? «Se vince il Sì, sì - risponde Giulio Teremonti - se passa il no ne dubito, direi di no». Tremonti chiede qualcosa di più rispetto al diessino, una mozione congiunta in Parlamento in cui maggioranza e opposizione indichino le grandi linee di un comune progetto riformatore. Altrimenti, il dubbio sulle intenzioni riformatrici del centosinistra è lecito. E il dubbio è venuto anche a osservatori super partes come Sergio Romano sul Corriere della Sera, convinto che la vittoria del No sarebbe la fine del processo riformatore.

«La nuova maggioranza - ha scritto l’ex ambasciatore sul Corriere - ha l’obbligo di dire chiaramente che cosa intende fare per cambiare le parti della Costituzione irrimediabilmente invecchiate. Fino a quando non lo avrà fatto io, personalmente, continuerò a pensare che il sì presenta almeno un vantaggio: quello di impedire che la maggioranza, nei mesi seguenti al referendum, dimentichi per quieto vivere, l’esistenza del problema»

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