La sinistra scopre la "pazzia" di Silvio

Europa e Liberazione attaccano Berlusconi dandogli del matto: deve essere curato. Ma arrivano tardi perché il Cav da vent'anni elogia la follia come "forza innovativa"

La sinistra scopre la "pazzia" di Silvio

È l’ultima frontiera del gran safari che va avan­ti, inconcludente, dal 1994. Dopo la stagione estenuante delle tangenti, quella interminabi­le della mafia e delle bombe, poi quella delle escort precipitate nel suo letto, anzi nel suo let­tone putiniano, ora siamo alla follia. La pazzia di Silvio Berlusconi. La preda che non si lascia prendere. La sinistra, a corto di idee e di pro­grammi ma non di cattivi propositi per far fuo­ri l’arcinemico, esplora una nuova, inebriante pista: quella della pazzia del premier. Per ca­pirlo basta dare un’occhiata ad alcuni giornali di riferimento per quel mondo. Liberazione , dunque un foglio della sinistra radicale,ha nel­l’edizione di ieri un editoriale eloquente fin dal titolo: Curiamolo! Con tanto di punto escla­mativo sostitutivo delle manette.

Nell’articolo il dottor Raffaele Salinari stila la sua garbata dia­gnosi: il Cavaliere è fuori di testa. Salinari, a quanto pare un luminare dal curriculum chilometrico, uno che parla inglese, francese, portoghe­se e perfino swahili, un chi­rurgo d’urgenza alla ER che ha operato in prima linea dal­­l’Italia allo Zaire e dunque sa il fatto suo, propone una solu­zione drastica al problema Berlusconi: «Il trattamento sanitario obbligatorio istitui­to dalla legge 180 del ’78 e at­tualmente regolamentato dalla legge 833 del 78».

Passi per la sinistra radicale. Ma persino Europa , il quoti­diano del Pd che copre l’area degli ex margheritini, dun­que cattolici, sparava a tutta pagina, sempre ieri, un titolo altrettanto se non più forte: Folle attenta alla riforma del­l’università. È Berlusconi.

Insomma, il Cavaliere de­v’essere studiato con gli stru­menti della psichiatria. Per­ché tutti gli altri, a comincia­re da quelli della cronaca giu­diziaria, si sono dimostrati inadeguati per arpionarlo.

Peccato che i suddetti lumi­nari non sappiano di essere stati battuti, anzi stracciati sul tempo da un nemico as­sai insidioso, lo stesso Berlu­sconi: autore, proprio nel fa­tidico e ormai lontano ’94, della prefazione ad un classi­co del pensiero moderno: l’Elogio della follia di Era­smo da Rotterdam. «A farmi conoscere l’Elogio della fol­lia - scrive il Cavaliere - fu, ai tempi dell’università, un amico molto caro. Avevamo avuto una discussione piut­tosto accesa, in cui a più ri­prese mi ero sentito dare del visionario, non ricordo più per quale motivo.L’indoma­ni mi vidi recapitare una co­pia del capolavoro di Era­smo in un’edizione Einaudi con una singolare dedica: ve­drai che ti ritrovi».

Dunque, Berlusconi è in van­taggio di qualche decennio; spiace dirlo, ma è più avanti dei suoi nemici anche su que­sto lato. Lui la sua follia l’ha scoperta e coltivata in tempi non sospetti quando non era ancora Berlusconi se non anagraficamente. «Comin­ciai a leggere - prosegue Ber­lusconi -. Subito dopo mi cat­turò l’ammirabile dedica a Tommaso Moro, che già co­noscevo per l’Utopia : non riuscii a staccarmi dalla lettu­ra se non dopo aver termina­to l’ultima riga della splendi­da, autoironica conclusio­ne».

Il Cavaliere, che pure all’epo­ca andava già di fretta, trovò il tempo di finire il libro e di trasformarlo in un granello di saggezza: «Ad affascinar­mi nell’opera di Erasmo fu in particolare la tesi centrale della pazzia come forza vita­le creatrice; l’innovatore è tanto più originale quanto più la sua ispirazione scaturi­sce­dalla profondità dell’irra­zionale».

La sinistra, moderata o smo­derata non fa differenza, sembra invece rispolverare vecchi copioni di stampo so­vietico, quando la chiave psi­­chiatrica, il processo e la con­danna al manicomio, era uti­lizzata per spegnere le menti più brillanti e relegarle in un cantone remoto del grigio impero. Come per lo Shala­mov dei Racconti della Koly­ma. Il lessico della burocra­zia comunista imprigionava le intelligenze e le nasconde­va sotto il tappeto di fumose diagnosi pseudoscientifiche in cui la precarietà mentale era la camicia di forza sulla libertà. «Abbiamo ampia­mente sottovalutato i sinto­mi e i segnali che, man ma­no, avvaloravano un quadro nosologico che oggi, dopo l’ennesima crisi, con relative esternazioni, è ormai chiaro - dottoreggia Salinari - e con­sente anche ai comuni citta­dini di decifrare i tratti poli­morfici del morbo che afflig­ge il nostro malato». Una fine analisi politica, come si ve­de. Infarcita di paroloni tec­nici che in pochi si possono permettere.

Il senso, però, è chiaro come la terapia che è una e una so­la: il ricovero immediato per arginare il «disturbo menta­le».

Con la coda della «conva­lida di un secondo medico appartenente ad una struttu­ra pubblica». Le regole, ci mancherebbe, vanno rispet­tate. Dall’elogio della follia alla follia tout court : ancora una volta, a sinistra sono in ritardo. E arrancano per rag­giungere chi li ha già doppia­ti.

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