Roma«Lo sa che cosa mi fa rabbia? Mi fa rabbia subire lezioni di civiltà da altri Paesi, mi fa rabbia sentire dire che noi non garantiamo il diritto, noi che del diritto siamo la culla. Ricordo al signor Lula che il Granducato di Toscana è stato il primo ad abolire la pena di morte». Il ministro Giorgia Meloni è in Scozia, ha freddo e fretta, ma non è per questo che al telefono appare furibonda. Lo è perché segue dai giornali la vicenda Battisti e anche da oltre il vallo di Adriano la storia le appare nella forma e nella sostanza incredibile. Anzi, come dice lei: «Inaccettabile. Anzi, scriva vergognosa».
Addirittura vergognosa?
«Vergognosa, vergognosa. In che altro modo si può definire la concessione dello status di rifugiato politico a un uomo che non ha nulla di politico?».
Battisti militava nei Proletari armati per il comunismo...
«Battisti è un criminale comune. È un ladro e un rapinatore, che per rubare dei soldi ha ucciso. Il fatto che in un secondo momento abbia ammantato questi misfatti di un significato politico non fa di lui un rivoluzionario. Resta un criminale comune. E un vigliacco, che è scappato per sfuggire alle sue responsabilità e per non pagare il suo conto con la giustizia. Non capisco come faccia lintellighenzia a proteggere un uomo del genere. Bisogna fare di tutto perché questa persona paghi il suo conto con lItalia».
Fare sì. Ma che cosa?
«Intanto dobbiamo mobilitare lopinione pubblica italiana. Lo stiamo già facendo attraverso il comitato di Torregiani (intitolato a Pierluigi, il gioielliere ucciso nel 1979 durante una rapina per la quale Battisti è stato condannato e guidato dal figlio Alberto, che nelloccasione rimase paralizzato, ndr). Abbiamo aderito come Giovane Italia alla manifestazione che si svolgerà sotto lambasciata brasiliana a Roma il 4 organizzata da Torregiani e dal Movimento per lItalia di Daniela Santanchè,con lauspicio di fare una successiva mobilitazione più numerosa. Anche bipartisan, perché riteniamo che su questa vicenda si debba mobilitare lItalia intera anche in modo trasversale. Ho apprezzato il fatto che il Pd abbia mandato un appello a Lula. Anche se...»
Anche se?
«Anche se rispediamo al mittente le accuse del Pd di un silenzio assordante da parte del governo, perché questo si è mosso con grande passione con la sottoscritta, con La Russa, con lo stesso presidente Berlusconi. Non ricordiamo invece una mobilitazione della sinistra su questa vicenda. E anche se anche il tono dellappello democratico tradisce il complesso di inferiorità del quale loro sono sempre portatori quando si confrontano con un Paese straniero. Ma malgrado ciò ben venga che in extremis anche loro si siano svegliati su questa vicenda».
Secondo lei si può fare ancora qualcosa a livello diplomatico?
«Io penso e spero di sì. Credo come il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica che si possa impugnare questa decisione alla Alta Corte brasiliana, che già si era detta favorevole allestradizione. In questo modo potremmo ritardare la decisione di fornire lo status di rifugiato politico e aspettare così che possa intervenire la neoinsediata presidente del Brasile Dilma Rousseff, che per fortuna non la pensa come il suo predecessore Lula».
Una strada piuttosto stretta, non trova?
«Non cè dubbio. Ma noi chiediamo soltanto di poter dare seguito a una sentenza emessa, come ha riconosciuto anche Bruxelles, nel pieno rispetto dei principi di legalità su cui si fonda lUnione europea. E già nel 2006 la Corte europea dei diritti delluomo aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Battisti contro la sua estradizione in Italia».
Ma secondo lei come la pensano i brasiliani?
«Ecco, me lo chiedo anche io. Penso che Lula abbia scelto la strada più comoda. Ha messo a repentaglio i buoni rapporti tra due Paesi amici come lItalia e il Brasile per darsi le arie da rivoluzionario, lasciando al suo popolo tutti gli svantaggi di questa crisi e a chi lo sostituisce il compito di ricucire lo strappo».
Lula e lavvocatura dello Stato sostengono che in Italia cè un clima da guerra fredda...
«Ogni paragone con unepoca tragica come gli anni Settanta mi pare francamente esagerato».
Però è indubbio che, tra contrapposizioni politiche, proteste studentesche, scontri, pacchi bomba e il caso Battisti sembra proprio che lItalia fatichi a uscire dagli anni Settanta...
«Fin quando ci saranno persone favorevoli a Battisti nel nostro Paese sarà impossibile chiudere definitivamente con il passato. Lo sa con chi ce lho? Ce lho con personaggi come Oreste Scalzone, che sono fuggiti dallItalia in attesa che i propri reati cadessero in prescrizione e che oggi, rientrati nel nostro Paese, vanno nelle università a pontificare ai giovani. E ce lho ancora di più con chi li invita.
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