nostro inviato a Vigevano
Una folla così non sera vista nemmeno al Giro dItalia. I ciclisti passano per Savona avvolti da un turbine di bandiere. Solo che a bordo strada è assiepata una folla di contestatori. Qualcuno quasi si butta sotto le ruote delle ammiraglie avvolto nel tricolore, manco fosse un patriota incendiario, un Felice Orsini uscito dalle figurine del Risorgimento. Il cameraman che sta riprendendo le fasi della competizione quasi viene sbalzato dalla moto e risponde con un altrettanto militante: «Ma va a cagare». Più avanti un rifondarolo, con regolare stendardo rosso, vede i giornalisti e improvvisa un comizio dai toni drammatici: «Non si doveva permettere questo scempio fascista. No, a maggior ragione in una città medaglia doro, in cui i nostri nonni hanno combattuto per la libertà». Pare la Genova in assetto da guerra contro il Governo Tambroni, è Savona in una giornata di fine estate al passaggio, nientemeno, del Giro di Padania.
La corsa viene deviata, tra tafferugli, scontri, insulti. E persino unicona del ciclismo azzurro come Ivan Basso rimedia qualche schiaffo. Il clima è teso. Esattamente come il giorno prima sulle vie del Piemonte dove il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero aveva cercato di bloccare il gruppo, in perfetta sintonia con lo spirito dello sciopero generale. Esattamente come accadrà oggi: la terza tappa, la Lonate Pozzolo-Salsomaggiore, promette scintille. E nuove incursioni di campo. Sì, non si era mai vista una gara così politicizzata sotto un titolo immaginifico. «LItalia è una, una sola», gridano gli uni. «Perché, non mangiate il grana padano?», replicano sul filo dellironia gli inventori della kermesse. Pezzi della sinistra, caricati a molle dalle celebrazioni dei 150 anni dellItalia, contro il popolo di Umberto Bossi. Qualcuno sembra una comparsa in un film di Martone, altri paiono in libera uscita dal pratone di Pontida. Due Italie che si affrontano, nelleterna contesa fra guelfi e ghibellini. Certo, fuori le Borse bruciano, il Paese è a rischio, manovre e contromanovre si susseguono, ma qua sulle strade del profondo Nord si combatte unaltra battaglia, o forse è la stessa con altri mezzi. Cè qualcosa che stride nellimpegno militante dei tanti che mettono letteralmente i bastoni fra le ruote dei corridori, ma questa è la realtà. «Siamo stati insultati e qualcuno è andato anche oltre e ci ha rifilato delle sberle - raccontano Ivan Basso e Sacha Modolo. Questi comportamenti sono inaccettabili: siamo dei ciclisti, siamo qui per correre e chiediamo che il pubblico ci permetta d farlo». È un appello in piena regola, quello dei due campioni che non pensavano di finire dentro una sorta di Palio di Siena in cui i partiti sostituiscono le contrade. E il sottosegretario Michelino Davico, lorganizzatore del Giro, rincara: «Quello che è successo è gravissimo. Due ciclisti sono stati aggrediti e colpiti da un gruppo di contestatori».
Ma loccasione è troppo ghiotta. Nella rossa Savona si sono divisi gli spazi come a una fiera: cè Rifondazione, più avanti cè il presidio del Pd con bandiere e scritte nel segno dellinno di Mameli e dopo i picchetti si annunciano i banchetti dellItalia dei valori. I tradizionali traguardi volanti, quelli in cui i gregari si disputavano una volata per portare a casa un televisore, sono sostituiti dagli appuntamenti democratici con questo o quel gruppo. Il Giro di Padania non è ancora una calamita come la Tav in Val di Susa ma se si va avanti così lo diventerà. Rifondazione si è mobilitata come capita per le emergenze democratiche. Ferrero annuncia nuove proteste e il vicesegretario del Pd ligure Giovanni Lunardon tuona: «È lennesima trovata propagandistica della Lega». Per Ignazio La Russa «è la solita sinistra che manda le sue truppe cammellate a disturbare». Renato Di Rocco, presidente della Federciclismo, prova ad abbassare i toni: «Quel che è accaduto non ha nulla a che fare con il ciclismo». Ma nessuno lo ascolta: sono tutti sui marciapiedi dei 187 chilometri che corono da Loano a Vigevano. Una passerella facile facile, un quarto dora di visibilità, in un Paese che regala poco alla classe politica di questi tempi.
E così sulla corsa prevalgono gli eccessi: il poliziotto contuso, urtato da unauto dellorganizzazione, e il carro funebre che finisce nel parapiglia.
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