La sintonia con Benedetto XVI sull’islam «laico»

Vi è qualche cosa di fortemente simbolico nel fatto che nella stessa settimana in cui scompare Oriana Fallaci il Papa Benedetto XVI abbia pronunciato a Regensburg parole particolarmente chiare in tema di islam che alla coraggiosa giornalista sarebbero certamente piaciute. Per rendere il giusto omaggio al lascito culturale di Oriana Fallaci - che lei per prima non avrebbe voluto vedere travisato - e nello stesso tempo per assicurarsi di avere capito bene le parole del Papa non è però inopportuno riflettere su che cosa univa e che cosa divideva quanto Oriana e il Pontefice pensavano dell’islam.
Il Papa e la giornalista si erano incontrati il 27 agosto 2005. Di quell’incontro Benedetto XVI non ha mai parlato. Ma Oriana sì, sia in privato a esponenti del mondo culturale neo-conservatore americano, sia in pubblico in uno dei suoi rari discorsi, tenuto a New York il 28 novembre 2005. La sua ricostruzione appare assai credibile. Benedetto XVI e Oriana Fallaci erano d’accordo sul fatto che fosse in atto una vera guerra mondiale dichiarata dall’ultra-fondamentalismo islamico all’Occidente, e che il mondo occidentale - ma soprattutto l’Europa - si rifiutasse di vederla per quieto vivere, stanchezza, interessi, affari. Entrambi concordavano che da questo torpore l’Europa andasse svegliata.
Per svegliare i dormienti era necessario ricordare che purtroppo una nozione di Dio e dell’uomo che rischia di giustificare la violenza contro l’infedele non sta in una «interpretazione deviata» o in uno «scisma» dell’islam ma nel cuore stesso della tradizione islamica originaria, nel Corano, nella vita e nell’insegnamento del profeta Muhammad. Ma, se l’islam delle origini - e tanto più la sua forma dominante dopo il ripudio della filosofia greca nel XIII secolo - né è una «religione di pace», né porta in sé quell’equilibrio di fede e ragione che solo garantisce contro la violenza, se ne deve concludere che il dialogo tra Occidente e islam è impossibile? Oriana spiegò a New York che su questo punto nel colloquio con il Papa era emerso un dissenso. Per la giornalista il dialogo era una perdita di tempo. Per il Papa trovare una parte dell’islam disposta a ripensare in modo innovativo la sua tradizione e a riannodare il dialogo tra fede e ragione era, sebbene molto difficile, non impossibile.
Né il Papa né Oriana coltivavano illusioni sull’islam «laico» (un fenomeno di pochi intellettuali), ed entrambi diffidavano dell’uso come slogan dell’espressione «islam moderato». E tuttavia che all’interno dell’islam ci siano movimenti, correnti e perfino uomini politici e sovrani disposti a tentare una reinterpretazione della dottrina musulmana che non ceda semplicemente alla modernità ma ritorni all’incontro fra islam e filosofia dei primi secoli del secondo millennio e si apra ai diritti della democrazia, delle donne, delle minoranze religiose, per il Papa era un punto di partenza per sperare, contro ogni speranza, che lo scontro finale con l’islam fosse evitabile. Non tramite il dialogo fasullo e buonista che falsifica la storia e la dottrina, ma cercando con la pazienza secolare della Chiesa interlocutori disponibili a pensare l’islam in modo nuovo.


L’alternativa a questo dialogo non potrebbe essere che il passaggio della nuova guerra mondiale dal campo del terrorismo a quello dello scontro fra gli Stati: magari nucleare, come sogna Ahmadinejad. Per evitare questa Apocalisse lo sforzo del Papa perché alla fermezza si accompagni la ricerca del dialogo non è solo comprensibile, ma obbligatorio.

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