Il Times ha deciso: Fabio Capello è luomo più potente del Regno Unito. Si potrebbe scrivere special one ma preferisco non provocare allergie e malumori. Primo fra cento concorrenti, questo è il verdetto, questo il riconoscimento. Il quotidiano più autorevole, per storia, si inchina davanti a un italiano. Sono passati trentasette anni, da quella sera del quattordici novembre del Settantatre quando lItalia salì a Londra per affrontare lInghilterra e il Sun, dello stesso gruppo editoriale, titolò: «Settantamila inglesi contro undici camerieri». Uno degli undici waiters quella sera segnò il gol della vittoria azzurra, era Fabio Capello, oggi celebrato, onorato, temuto. James Harding, direttore del Times, ha premiato Capello con un quadro fotografico, Fabio di profilo, tiene le mani giunte, chiuse a tenaglia, gli inglesi sognano che guardi alla coppa del mondo, lo hanno assunto per questo, soltanto a questo pensano dal millenovecentosessantasei.
Il tecnico bisiaco ha cambiato la testa dei leoni dInghilterra, famelici con i loro club, agnellini quando indossano la maglia della nazionale: «Non voglio un football ordinario, scontato, fatto di semplici assaggi, voglio dribbling, voglio il rischio, lo stesso che correte con i vostri club. Sappiate che se cè un solo salto dalla terza alla seconda divisione e tre da questa alla premier league diventano sei gli scalini che dividono il football di club da quello della nazionale perché qui un errore significa un gol a sfavore e non si può, non si deve sbagliare», questo il riassunto delle parole che hanno motivato il riconoscimento allallenatore italiano. E gli inglesi da lui hanno imparato il senso di disciplina e di appartenenza (!!!), la destituzione di John Terry, annunciata in pochi minuti e gli altri comandamenti interni: niente telefoni cellulari in ritiro, niente pantofole e posture sciatte, tutti insieme a tavola dallinizio alla fine, così nello spogliatoio, insomma un italiano che insegna i comandamenti professionali agli inglesi.
Che cosa potevamo chiedere di più, noi camerieri di quella notte novembrina e bellissima a Wembley. Fabio Capello precede in graduatoria Sepp Blatter, luomo delle caverne che non si arrende alle tecnologie ma ha portato il football mondiale in Sudafrica e questo vale più di ogni altra cosa. E poi Sebastian Coe, anzi Lord Coe, lo «stiletto» del mezzofondo che ha ottenuto i Giochi olimpici del 2012 a Londra. Seguono, in lista, Jeremy Darroch, chief executive di Sky, Wayne Rooney, lo sceicco Mansour che si è presentato al Manchester city con un miliardo di euro in contanti, quindi sir Alex Ferguson, poi Richard Scudamore, chief executive della Premier league, luomo che ha proposto di giocare un turno supplementare di campionato in Oriente ma è stato respinto, ancora lord Triesman, barone e presidente della federcalcio inglese e, al decimo posto Bernie Ecclestone, senza il quale i motori di formula 1 sarebbero spenti. Asterischi sulle altre posizioni: undicesimo David Beckham, tredicesimo Michel Platini, diciassettesimo Roman Abramovich, ventinovesimo Jean Todt e, in assenza singolare di Josè Mourinho, al cinquantatreesimo posto spunta il suo agente Jorge Mendez che viene presentato come possessore di un portafoglio di mezzo miliardo di euro.
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