Sircana non si dimette: "Pubblicate le foto"

Prima le voci di dimissioni, poi la smentita e la richiesta di pubblicare gli scatti (guarda le foto). Il Giornale raccoglie l'invito. Il cdr del "Corriere": i vertci Rcs spieghino. La solidarietà dei lettori. Capezzone: "Inaccettabile aggressione a Belpietro"

Sircana non si dimette: "Pubblicate le foto"

Roma - Una fredda e piovosa giornata di marzo, una delle più lunghe e difficili da quando Silvio Sircana è diventato portavoce del governo, una delle eminenze grigie che lavorano dietro (e qualche volta davanti) al proscenio dove recita Romano Prodi. L’ex uomo Montedison non è stato a Palazzo Chigi, è rimasto a casa, ufficialmente febbricitante, per preservarsi in vista delle trasferte a Berlino e in Brasile.
Una ricaduta dell’infezione alla colecisti che l’ha costretto al ricovero al Policlinico «Gemelli» mercoledì scorso, spiegano fonti vicine alla presidenza del Consiglio. Il dilemma «dimissioni sì-dimissioni no» l’ha affrontato tra le mura domestiche, lontano dai boatos del Transatlantico che, di ora in ora, facevano presagire una subitanea rinuncia all’incarico. Il contatto con Prodi è stato costante.
«Questa è una decisione su cui devo riflettere. In questi giorni mi sono dedicato soltanto alla vicenda del mio amico Daniele Mastrogiacomo. Ora valuterò cosa è meglio fare». Le dichiarazioni di Sircana pubblicate ieri da Repubblica (e poi smentite), infatti, non escludevano il ricorso a una soluzione estrema. Ma, a posteriori, questo spazio lasciato aperto alla riflessione appare come una replica della strategia dilatoria utilizzata spesso da Prodi, quella che macera amici e nemici nel brodo delle loro stesse polemiche.
Alcuni parlamentari davano per scontato il passo indietro considerandolo una decisione imminente. Troppo pesante il fardello della paparazzata e di un provvedimento ad hoc del Garante della privacy per non scendere da cavallo. Altri deputati, come la forzista Isabella Bertolini, le richiedevano. La Velina Rossa, il foglio ideato da Pasquale Laurito e considerato vicino al vicepremier Massimo D’Alema, si lanciava nei calcoli matematici. «Vogliamo ricordare - ha scritto - che su oltre 200 deputati dell’Ulivo, l’appello di solidarietà nei confronti del portavoce del governo è stato sottoscritto solo da 104 e non è vero che gli altri erano assenti per vari motivi». Il pamphlet, attaccato per aver chiesto le dimissioni di Sircana già mercoledì scorso, era desideroso di prendersi la rivincita: «Vedremo se la nostra richiesta era infondata o soltanto anticipata».
Poco dopo le 18 è arrivato il coup de théâtre. Palazzo Chigi ha fatto sapere che Sircana non solo non si sarebbe dimesso, ma che avrebbe inviato una lettera alla Stampa per spiegare le sue ragioni. Racconta Sircana che di quella maledetta sera se n’era dimenticato. Fino alla telefonata del cronista del Giornale che gli chiedeva spiegazioni. Ammette che non avrebbe mai voluto che il suo nome fosse legato al provvedimento del Garante. La scelta di scrivere alla Stampa non è casuale: il quotidiano diretto da Giulio Anselmi è stato il primo a criticare gli attacchi contro il Giornale e le scelte del Garante sulla vicenda. «Voglio che le foto che mi riguardano siano pubblicate al più presto», ha chiesto Sircana prendendo le distanze sia nel merito che nella tempistica dall’editto di Francesco Pizzetti, presidente dell’Authority che vigila sui dati personali.
«La libertà di informazione è sacra e le regole se le devono dare coloro che fanno informazione». Questo, in sintesi, il concetto portante espresso da Sircana che anziché lasciare ha raddoppiato chiedendo la divulgazione delle fotografie delle quali il Giornale ha rivelato l’esistenza e sconfessando l’operato del Garante della privacy.
Fin qui i fatti. I risvolti mediatici saranno anch’essi oggetto di discussione. Ma con l’invio della lettera alla Stampa si sono risolte, almeno parzialmente, una serie di difficoltà. In primo luogo, si è dato un taglio ai rumor, provenienti in gran parte dalla pancia dell’Unione, e in seconda istanza il governo ha evitato di perdere un altro consulente dopo Angelo Rovati.

La scrittura «casalinga» ha preservato ulteriormente Palazzo Chigi. «Sono Wolf, risolvo problemi». A Sircana piace immaginarsi come «il facilitatore» Harvey Keitel in Pulp Fiction. Almeno per i prossimi giorni potrà continuare a farlo.

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