La Siria minaccia: siamo pronti alla guerra

«La bozza di Francia e Usa è a favore di Israele. Nasrallah difende la dignità del suo Paese»

da Kiryat Shmona (Israele)

L’incendio, oltre quel confine, rischia di divorare l’intero Medio Oriente. Da ieri la Siria non ha più paura, parla apertamente di guerra, fa sapere di esser pronta a scendere in guerra al fianco di Hezbollah. Sarà tracotanza, sarà propaganda, sarà euforia per la tenace resistenza opposta dai «protetti» di Hezbollah, certo è che i leader siriani esibiscono un atteggiamento assai più bellicoso di qualche settimana fa. «La Siria è pronta ad affrontare una possibile guerra regionale se l’aggressione israeliana continua», ha detto ieri il ministro degli Esteri di Damasco Wallid Moallem arrivato in Libano per partecipare alla riunione dei capi delle diplomazie dei Paesi arabi convocata per oggi a Beirut. «Benvenuti alla guerra regionale», ha ripetuto il ministro ai giornalisti. Le parole, pronunciate subito dopo l’arrivo a Tripoli, non hanno un significato soltanto simbolico. Moallem è il primo esponente del regime di Damasco a metter piede nel paese dei cedri dopo il ritiro siriano dello scorso anno. Il ritorno in Libano, da sempre considerato parte integrante della «grande nazione siriana», è il segnale di un riavvicinamento di posizioni sull’asse Damasco-Beirut-Tiro. Un segnale reso più evidente dal secco «no» del premier libanese Fouad Sinora alla bozza di risoluzione franco-americana presentata all’Onu. Moallem appena arrivato a Tripoli non ha perso l’occasione di lanciare strali contro quella bozza definita «la ricetta per far proseguire la guerra in atto e scatenare una guerra civile che nessuno desidera». La risoluzione dal punto di vista siriano «penalizza il Libano e rischia di far scoppiare una nuova guerra civile a cui nessuno, a parte Israele, ha un vero interesse». Sfruttando e appoggiando il «no» alla bozza del premier Siniora, la Siria si prepara di fatto a rivendicare la tutela del «protettorato» libanese. E a trasformare l’appoggio a Hezbollah in effettiva alleanza politico-militare. «Sayyed Hassan Nasrallah e la resistenza nazionale libanese stanno difendendo la dignità, l’unità del Libano e del popolo libanese - ha ribadito il capo della diplomazia siriana -. La risoluzione franco-americana non fa altro che riprendere le posizioni di Israele. Come ministro degli Esteri siriano spero di poter combattere da soldato tra le file della resistenza».
La Siria memore delle durissime sconfitte subite nelle precedenti guerre con Israele aveva esibito estrema prudenza nei primi giorni del conflitto. Pur continuando a garantire il passaggio di armi e munizioni dalla frontiera della valle della Bekaa, Damasco ha fino a ieri evitato accuratamente di provocare Israele o di presentarsi come un paladino del Libano. La difficile avanzata di Tsahal nel sud del paese ha diffuso però la sensazione, a Damasco come in tutto il mondo arabo, che Israele non sia più l’agguerrito e invincibile nemico di un tempo. La sensazione è probabilmente affrettata, ingannevole e assolutamente infondata, soprattutto nel caso di conflitto convenzionale, ma contribuisce a infondere coraggio al regime di Damasco.

«Se Israele attacca la Siria con qualsiasi mezzo, da cielo, mare o terra, la nostra dirigenza ordinerà un’immediata reazione alle forze armate - ha detto ancora il ministro degli Esteri siriano. Per Moallem, un’eventuale guerra «sarà la benvenuta». «La Siria non lo nasconde - ha detto - si sta preparando e risponderà immediatamente a qualsiasi aggressione».

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