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La Siria: niente armi ai guerriglieri

Questa mattina ricognizione di sommozzatori e artificieri, poi toccheranno terra duecento uomini, che entro ottobre saranno 2.500

La Siria è pronta a fare la sentinella di se stessa. La notizia, se non arrivasse dalla bocca del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, sembrerebbe perfino surreale. Ma tant’è. Il presidente Bashir Assad, dopo aver contribuito per anni al trasferimento di armi e munizioni negli arsenali di Hezbollah, si dice pronto a montare la guardia alla propria frontiera per bloccare ogni rifornimento bellico destinato alla guerriglia sciita.
Il repentino giro di boa arriva subito dopo la visita a Damasco di Kofi Annan. Al centro dell’incontro tra il presidente siriano e il numero uno dell’Onu vi sono, ovviamente, le delicate questioni riguardanti l’applicazione della risoluzione 1701, cardine del fragile cessate il fuoco al confine libanese-israeliano. La più delicata tra le questioni spinose riguarda proprio il pattugliamento del confine libanese, attraversato per anni dalle migliaia di convogli che hanno riempito di missili, armi anticarro e munizioni gli arsenali del Partito di Dio. Il paragrafo numero 15 della risoluzione richiede esplicitamente l’applicazione di un embargo sulle forniture di armi a Hezbollah e impone al Libano di garantire il controllo dei propri confini e di tutti i punti d’accesso ai propri territori. Il primo ad invocare il rispetto della 1701 è ovviamente Israele, deciso a non togliere il blocco aereo navale fino a quando i caschi blu della rafforzata missione Unifil non garantiranno l’applicazione dell’embargo.
A rendere impossibile l’applicazione di quel capitolo della 1701 ci ha già pensato il presidente Bashir Assad minacciando la chiusura della frontiera e l’isolamento economico commerciale del Libano in caso di dispiegamento della forza internazionale ai propri confini.
Considerate queste premesse l’unica via d’uscita, benché surreale, era chiedere ai siriani di garantire l’applicazione dell’embargo. E così Kofi Annan ha fatto. Subito dopo l’incontro con Bashir Assad, il segretario dell’Onu ha spiegato che d’ora in poi la Siria intensificherà i controlli lungo la sua frontiera, e «quando possibile» collaborerà con l’esercito libanese per svolgere operazioni di pattugliamento congiunto. «Il presidente Assad, dopo aver ribadito la sua contrarietà alla presenza di truppe straniere lungo la frontiera libanese-siriana, mi ha garantito - ha spiegato l’imperturbabile Annan - che la Siria prenderà tutte le necessarie misure per consentire la piena applicazione della risoluzione 1701». Secondo il segretario generale dell’Onu il presidente siriano è anche pronto ad esercitare la sua influenza su Hezbollah per garantire la liberazione dei due soldati israeliani rapiti dai guerriglieri sciiti lo scorso 12 giugno. In cambio Assad pretende precise garanzie sulla liberazione di alcuni siriani detenuti nelle carceri israeliane.
Ora bisognerà vedere se gli impegni assunti dal presidente siriano con Kofi Annan soddisferanno anche Israele. Le prime reazioni del governo di Ehud Olmert sembrano improntate a un totale scetticismo.

«Israele non può considerare la Siria un protagonista attendibile - ha detto ieri la portavoce governativa Miri Eisin -, durante il recente conflitto la Siria non ha soltanto finanziato Hezbollah, ma ha anche contribuito direttamente al suo riarmo, e dopo la fine del conflitto ha continuato a dimostrarsi assolutamente inattendibile».

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