Più che un'autonoma pattuglia di mastini, col compito di stanare eventuali inganni del regime, la missione della Lega Araba in Siria assomiglia a una gita scolastica. Le autorità indicano cosa vedere e cosa no; quali quartieri visitare e con quali modalità. I primi delegati sono arrivati venerdì a Damasco. Guidati da un generale sudanese dal curriculum «controverso». Così alcuni diplomatici europei hanno definito Mustafa al Dabi. L'uomo che si è affrettato a definire «molto collaborativo» l'atteggiamento delle autorità siriane prima ancora d'aver visitato Homs, raggiunta ieri dagli osservatori.
Nella città più colpita dalla repressione, circondata dal regime, continua la conta dei morti: duemila da marzo, 34 uccisi a colpi di artiglieria pesante due giorni fa e almeno 15 civili uccisi ieri nel tentativo (riuscito) di occultare le proteste. Ad attendere la delegazione c'erano infatti due cortei pacifici, almeno settantamila persone. Civili. Qualche militare dell'esercito libero siriano (Esl) si è aggregato con l'intento di raggiungere la Piazza dell'Orologio e farsi notare dagli osservatori. Ma il regime, sin dalla vigilia, aveva suggerito di dividersi in cinque gruppi. Riducendo l'impatto dei 50 osservatori per poterli gestire meglio. Solo in 20 hanno raggiunto Homs ieri mattina, ulteriormente spacchettati in due team per visitare i quartieri di Khalidiya e Bab Amro, teatro degli scontri più violenti tra i lealisti di Assad e gli antiregime. Ma, alla fine, la delegazione lì non è entrata. Un video amatoriale mostra quanto sia stata pilotata la visita: tre spari provenienti dalla zona più calda di Homs hanno «impedito» una verifica delle condizioni dei quartieri più colpiti dal regime. Una versione accreditata da al Jazeera, che ha motivato così il rifiuto degli osservatori di addentrarsi nella zona più calda (Bab Amro): è stato loro sconsigliato di proseguire.
Così la visita è stata dichiarata conclusa dopo aver incontrato il governatore locale, Ghassan Abdel Gal, un burocrate, mentre il secondo gruppo di delegati visitava l'ospedale. A un chilometro e mezzo di distanza, le forze di sicurezza siriane cercavano di reprimere uno dei cortei con i lacrimogeni. Alcuni cronisti hanno registrato l'arresto di decine di persone e una sparatoria nel Circolo degli Ufficiali con dei morti. Gli osservatori hanno invece avuto accesso a Bab Sebaa, dove secondo quanto riferito da Dunia tv, vicina al regime, hanno registrato «danni prodotti dai gruppi armati». Un'area controllata, dove nuclei civili fedeli al presidente siriano hanno spiegato che è in corso «una cospirazione contro la Siria».
Le autorità avrebbero anche fatto sparire dall'obitorio della città centinaia di cadaveri e trasferito un migliaio di detenuti nelle basi militari. Dopo aver provocato almeno 34 morti in un blitz, ieri si sono ritirati almeno 11 carri armati. Alcuni tank, però, sono rimasti nei paraggi, pronti ad intervenire. Nascosti in edifici governativi e nell'arena dei concerti, spiega il leader dell'Osservatorio per i diritti umani. Poco o nulla è finito sui taccuini degli osservatori della Lega Araba, che oggi raggiungeranno Idlib e Deraa guidati sempre da Mustafa al Dabi, con un passato ventennale a capo dei Servizi militari del Sudan.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.