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Siria, Turchia: "Ci riserviamo il diritto di difenderci"

Mentre la crisi siriana sconfina in Israele e Turchia, Ankara si riserva il diritto di rispondere. E Assad: "Non sono fantoccio dell'Occidente"

Il conflitto che scuote la Siria continua a superare i confine territoriali. Arriva in Turchia, già meta di migliaia di profughi in fuga dal Paese, e in Israele, dove da alcuni giorni proiettili e colpi di mortaio raggiungono le alture del Golan, territorio smilitarizzato, a causa dei combattimenti tra ribelli ed esercito regolare in corso vicino alla frontiera.

La situazione è preoccupante sotto più fronti. Sotto il profilo umanitario la denuncia più urgente è quella della Croce Rossa Internazionale. "Non possiamo svolgere le nostre operazioni in modo sufficientemente rapido", dichiara allarmato il presidente, Peter Maurer. Di fronte a un'emergenza umanitaria crescente si fa sempre più fatica a tenere monitorata la situazione e "in molti centri" gli aiuti non arrivano.

Al confine con la Turchia

Ma il problema umanitario è solo una faccia di un dado ben più complesso. Anche la Turchia guarda preoccupata alla situazione interna della Siria. E se già in passato la tensione tra i due paesi si era alzata parecchio, oggi le autorità di Ankara hanno fermato un altro aereo armeno diretto verso Damasco, temendo che portasse armi. L'ispezione, a un cargo Antonov An 12 - secondo Zaman online - si è risolta in un nulla di fatto, ma ben chiarisce il clima di sospetto tra le due nazioni confinanti.

Proprio sul confine che separa Ankara e Damasco, le autorità hanno preferito chiudere le scuole a Ceylanpinar. Gli scontri in corso al di là della frontiera compromettono la sicurezza degli studenti. Nella stessa località schegge di granate sono cadute sull'ospedale. Due civili sono rimasti invece feriti da proiettili vaganti al valico di Ras al-Ain, controllato dai lealisti di Damasco.

Lo scorso tre ottobre un colpo di mortaio si era abbattuto sulla cittadina turca di Akcakale, uccidendo cinque persone e provocando la reazione della Turchia, con l'approvazione di una mozione che consente azioni militari contro la Siria entro un anno, se il paese di Erdogan lo riterrà necessario.

"Abbiamo il diritto di difenderci"

Le parole del presidente turco Abdullah Gul chiariscono molto bene la situazione di tensione tra Ankara e Damasco. Ai giornalisti ha ribadito il "diritto di difendersi da ogni minaccia", come già in passato aveva detto il premier Erdogan. Ieri la stampa aveva riportato la notizia che il sistema di difesa Patriot della Nato sarebbe potuto essere dislocato sul confine turco. Gul non ha dato risposte in merito, demandando la decisione ai quadri dell'Alleanza Atlantica.

Al confine con Israele

Nuovi colpi di mortaio sparati dalla Siria hanno raggiunto oggi le alture del Golan, nella fascia del cessate il fuoco al confine tra Siria e Israele. Nei giorni scorsi Benny Gantz, capo dello stato maggiore israeliano, si era recato nella zona, per assicurarsi di persona della situazione. Parlando con i comandanti sul posto era stato molto chiaro nel dire che la crisi siriana poteva facilmente diventare un problema anche per Israele.

Assad torna a parlare

Il presidente siriano, Bashar al-Assad, è tornato oggi a parlare. A Russia Today Tv ha confermato la sua intenzione di non lasciare il Paese. "Sono un siriano, fatto in Siria, e vivrò e morirò in Siria", ha ribadito con forza, sottolineando di non essere un pupazzo in mano all'Occidente. Le sue parole sono di fatto una risposta alla proposta del premier britannico David Cameron, che alcuni gioni fa aveva ipotizzato di permettergli di lasciare il paese, per accelerare una transizione.

"Siamo l'ultimo baluardo del laicismo, della stabilità e della coesistenza nella regione".

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