Kabul. La domanda che Ghulam Haidar e Mounir Nashkbandi pongono a chi li incrocia sulle scale del ministero afghano per l'Informazione suona come un appello disperato: «Quanti talebani saranno rilasciati per la liberazione di Ajmal?». I due sono padre e fratello dell'interprete sequestrato con Daniele Mastrogiaconmo e non ancora tornato in libertà. Nel suo lungo racconto sui 14 giorni di prigionia, l'inviato di Repubblica riferisce che la 25enne guida afghana è stata liberata insieme a lui, ma sia i familiari che il governo di Kabul affermano che non se ne hanno tracce.
Un funzionario del ministero per l'Informazione, Najeeb Manalai, ha ammesso che «ci sono forti preoccupazioni che l'interprete sia ancora nelle mani dei terroristi».
Per questo l'anziano Ghulam, che si regge a fatica sulle stampelle, e il giovanissimo Mounir hanno deciso di improvvisare un sit-in sulle scale del dicastero per chiedere al governo di «non risparmiar alcuno sforzo» per la liberazione di Ajmal. Un altro sit-in di protesta sarà effettuato davanti allambasciata italiana di Kabul. «Non è giusto» ha detto il padre dell'ostaggio, «per la liberazione dell'italiano, il governo ha rilasciato cinque talebani, ma per la liberazione di mio figlio non ne lasceranno andare neppure uno. Non stanno facendo niente e questo non è giusto».
Preoccupato anche il cugino di Ajmal, che accusa il governo afghano di essersi preoccupato solo di Mastrogiacomo. La famiglia è in attesa di notizie, ma apparentemente nessuno del governo si è messo in contatto con loro.
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